Eni guarda al futuro con l’ economia circolare | Adnkronos

I cambiamenti climatici e la protezione dell’ambiente impongono un cambiamento di paradigma. L’economia lineare basata sullo schema estrazione-produzione-consumo-smaltimento non è più in grado di rispondere alle sfide del futuro. Ora si guarda all’economia circolare, incentrata sull’ottimizzazione della produzione, sul riutilizzo dei prodotti e sul recupero dei rifiuti. Ed è proprio in quella direzione che già da anni l’Eni si sta muovendo.

Introduzione

Clima ed energia sono i grandi fattori su cui ci si gioca il futuro. Siamo nel pieno di una transizione energetica diversa da quelle che l’hanno preceduta dall’inizio dell’era industriale. In passato, a decidere la direzione di marcia erano le dinamiche dei mercati, le infrastrutture e gli avanzamenti tecnologici alimentati dall’utilizzo prima del carbone, poi degli idrocarburi. Stavolta a guidare i processi deve essere la protezione dell’ambiente, per una transizione che riduca l’impatto delle attività dell’uomo.

La sfida

La sfida è enorme, ma altrettanto lo è l’opportunità che ci si presenta di fronte. Salvare il pianeta creando al contempo un’economia nuova, più inclusiva, costruendo un’intera gamma di imprese e posti di lavoro che ancora non esistono. Servono generosità, l’impegno di tutti e un deciso cambio di mentalità nei Paesi più avanzati. Chi vive nelle società più ricche consuma più di quello di cui ha bisogno, il triplo della media mondiale. Sprecando così risorse – dall’acqua alle ricchezze del suolo – e lasciandosi alle spalle e nei mari una crescente scia di rifiuti. Dobbiamo dirlo con chiarezza: non possiamo più permetterci il consumismo che si è sviluppato dal secondo dopoguerra in poi. I nove miliardi di persone che abiteranno la Terra nel 2040 non potranno consumare con lo stesso modello adottato dal miliardo di privilegiati dei paesi sviluppati. Serve un sistema diverso, che assicuri benessere a tutti, ma preservi il pianeta.

Purtroppo non possiamo illuderci di essere già sulla strada giusta. Siamo lontani dal contenere l’aumento delle temperature ben al di sotto del limite dei 2°C fissato dalla COP21 di Parigi. Dovremmo scendere eEnintro il 2030 dagli attuali 32 a 24 miliardi di tonnellate di CO2 che emettiamo ogni anno nell’atmosfera, ma al ritmo attuale rischiamo invece di salire a 34 miliardi. Secondo l’International Energy Agency (IEA), di questo passo la temperatura salirà di 2.7°C ed entro il 2040 avremo esaurito il limite massimo di emissioni che assicura il contenimento entro i due gradi.

Le soluzioni

Non c’è dubbio che il settore dell’energia, che per decenni ha permesso al mondo di crescere e alle economie di prosperare, ha anche contribuito all’aumento delle emissioni e ha quindi un compito di primo piano nel ridurle. In Eni hanno già abbattuto drasticamente la componente carbonica delle attività. La ricerca scientifica e la digitalizzazione ora stanno aiutando a fare ancora di più: soluzioni digitali smart da applicare in tutti gli ambiti possono, da sole, contribuire a ridurre entro il 2030 del 20% le emissioni di CO2. Nel medio termine un mix energetico diverso, che integri le potenzialità del gas naturale con la crescita delle rinnovabili, sarà di grande aiuto. Sarà necessario costruire un modello di consumo finale dell’energia (è qui che avvengono 9/10 delle emissioni del settore) più attento all’efficienza; a minimizzare gli sprechi; a favorire il ricorso alle fonti più pulite anche con l’applicazione delle tecnologie più avanzate.

Ma bisogna intervenire oltre il sistema energetico, che copre il 60% delle emissioni. Nei Paesi ricchi si consuma troppo di tutto: abbigliamento, cibo, plastiche, elettrodomestici, veicoli. Serve entrare in un nuovo modello di conservazione dell’energia che abbia al centro l’economia circolare e dia vita non solo a una riduzione degli sprechi, ma anche a una minore necessità di materie prime.

Cosa fa ENI

Eni, avendo investito in tecnologie che ci permettono il recupero dei rifiuti e degli scarti urbani e industriali, sta trasformando la raffinazione e la chimica puntando su produzione bio e circolarità. Tutto questo servirà a stimolare una spesa crescente anche in Italia (nel loro piano sono previsti 4 miliardi di euro entro il 2021), e a creare un nuovo indotto con relativi posti di lavoro e professionalità innovative.

Se vogliamo affrontare seriamente i temi dell’energia, non possiamo però ragionare solo in termini di scelte che riguardano il mondo più avanzato. I 35 paesi dell’Ocse messi insieme raccolgono il 17% della popolazione mondiale, ma contribuiscono al 63% del Pil globale. La disparità è evidente in Africa, dove vive il 17% della popolazione del pianeta con solo il 3% del Pil globale, nonostante il continente abbia più riserve di petrolio e gas degli Usa e un potenziale enorme in termini di produzione solare ed eolica. Non c’è soluzione al dilemma energetico senza investire in queste zone, che avranno il maggior boom demografico. Bisogna portare l’energia dove serve, distribuirla meglio, offrire occasioni di sviluppo.

Lo ha detto con chiarezza Papa Francesco lo scorso fine settimana, incontrando in Vaticano una delegazione di esponenti del mondo dell’energia e dei maggiori fondi d’investimento mondiali. Oltre un miliardo di persone, ha ricordato il Papa, vivono senza elettricità: “Da qui nasce la sfida di riuscire a garantire l’enorme quantità di energia necessaria per tutti, con modalità di sfruttamento delle risorse che evitino di produrre squilibri ambientali tali da causare un processo di degrado e inquinamento, da cui l’intera umanità di oggi e di domani resterebbe gravemente ferita”.

Conclusioni

Bisogna agire ora, insieme, governi, società e anche i grandi fondi. Va fatto creando nuove opportunità per tutti, legate all’economia circolare. Ma qualcosa può farlo anche ciascuno di noi. Cominciando, per esempio, dallo sprecare meno ed essere più efficienti nell’uso dell’energia.

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