Economia. La banca in tasca | Anima SGR

Rubrica a cura di Mario Noera, Docente di Economia degli intermediari finanziari alla Bocconi. Anche l’industria bancaria, come ormai quasi tutti gli ambiti dell’economia, si trova oggi a fare i conti con la cosiddetta rivoluzione digitale.

Anche l’industria bancaria, come ormai quasi tutti gli ambiti dell’economia, si trova oggi a fare i conti con la cosiddetta rivoluzione digitale. Come documenta un recente rapporto del settimanale The Economist, dall’indicativo titolo “una banca nel taschino”, negli ultimi anni sono nate almeno una decina di banche che operano esclusivamente online, come Monzo in Gran Bretagna, N26 in Germania o Moven negli Stati Uniti. Ed anche le banche tradizionali, le cosiddette “brick and mortar”, cioè fatte di mattoni e cemento, stanno investendo molto per potenziare i loro canali remoti.

Tuttavia, per la prima volta nella loro storia plurisecolare, la principale sfida competitiva cui le banche appaiono oggi
esposte non proviene dall’interno, ma dall’esterno dell’industria bancaria. Il fenomeno che, infatti, appare potenzialmente più minacciante per le banche è il crescente interesse che stanno manifestando per i servizi finanziari sia le grandi piattaforme di social network come Facebook, Google o Whatsapp, sia le piattaforme di distribuzione commerciale online come Amazon o la cinese Alibaba. Queste piattaforme, infatti, diversamente dalle banche tradizionali, sono già attori dominanti nell’ecosistema di Internet. Sono quindi in grado di sfruttarne l’enorme potenziale. Le nuove piattaforme Internet non sono infatti solo depositarie di grandi quantità di informazioni sui gusti e sui comportamenti di miliardi di utenti, con tutti i connessi vantaggi di profilatura e di marketing, ma sono anche i soggetti che stanno letteralmente riplasmando le abitudini degli utenti stessi. Sono cioè i veicoli di una trasformazione epocale che investe ormai tutti e ovviamente anche i clienti delle banche.

La minaccia più seria per l’industria bancaria deriva cioè dalla metamorfosi che la digitalizzazione produce nei comportamenti, anche nell’immaginario, della sua stessa clientela. Questa metamorfosi ha come veicolo, ed anche come simbolo, un piccolo oggetto apparentemente innocuo che tutti noi ormai abbiamo in tasca. Questo oggetto è lo smartphone. Nella storia, nessun altro prodotto ha conosciuto una diffusione altrettanto esplosiva. Lo smartphone sono più poco più di un decennio dalla sua prima apparizione, che è avvenuta nel 2007, è oggi nelle tasche di 2 miliardi e mezzo di persone, che in media spendono più di quattro ore al giorno utilizzandolo, cioè più di un terzo del loro tempo disponibile. Nel suo libro, dal titolo “Tecnologie radicali“, il tecnologo Adam Greenfield nota come lo smartphone sia ormai andato sostituendo gran parte degli oggetti di cui era popolata la nostra vita quotidiana. Fino a pochi anni fa agende, macchine fotografiche, album di ricordi, cabine telefoniche, mappe stradali, carte di credito, e descrive anche come la sparizione degli oggetti fisici di cui una volta avevamo bisogno stia modificando anche molte nostre abitudini quotidiane.

Non stupisce quindi che in questo contesto lo smartphone stia ormai per inghiottire anche il modo di fare banca. Come documenta l’analisi dell’Economist, il mobile banking, cioè la possibilità di disporre operazioni bancarie, dal telefonino non è solo un canale aggiuntivo di distribuzione di prodotti finanziari. Il mobile banking rappresenta ormai anche una modalità radicalmente nuova, e diversa, degli utenti di concepire il proprio rapporto con la finanza. La possibilità di effettuare pagamenti e trasferimenti di denaro con un solo clic sul proprio telefonino rende infatti la finanza un accessorio del tutto invisibile, il quale prende di volta in volta la forma di servizi che invece finanziari non sono affatto, biglietti aerei, teatro, alberghi, taxi, consegna a domicilio di cibo e di merci. In altre parole, attraverso lo smartphone il rapporto con il denaro si dematerializza del tutto, rendendo ingombrante perfino la plastica delle carte di credito. Il denaro finisce cioè per identificarsi solo con la facilità e con l’immediatezza del suo utilizzo in questo nuovo mondo. La banca è destinata a miniaturizzarsi soltanto in una piccola icona sul telefonino, confusa tra decine di altre icone colorate, e ciascuna icona sarà in competizione con le altre per l’appetibilità dei bisogni che soddisfa, viaggi, casa, auto, vacanze, oppure per le emozioni che provoca, sicurezza, soddisfazione, divertimento, e non per le caratteristiche tecniche dei prodotti che veicola, cioè mutui, fondi d’investimento e così via.

Come ha scritto il futurologo australiano Brett King, fondatore anche della banca online Moven, i clienti faranno banca ovunque, tranne che in banca, ovvero la banca non sarà più un posto dove andare ma solo qualcosa che si può fare. La rivoluzione digitale costringerà cioè la banca a trasformarsi in un grande emporio di possibilità, e costringerà anche la banca a trovare il suo spazio in un mondo in cui competere significa soprattutto saper rimanere nel taschino dei clienti.

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