Bioeconomia: il futuro dell’Europa nel mercato sostenibile | Euronews

E’ possibile trasformare milioni di tonnellate di legna senza una sola goccia di carburante fossile? O creare confezioni in (bio)plastica che abbiano un impatto infinitamente meno dannoso sull’ambiente? Venite a scoprirlo con noi: si parla di bioeconomia.

Ripensare il mercato per ridurne l’impatto ambientale: la bioeconomia si va ritagliando un ruolo sempre più preminente nel panorama comunitario, impegnato nella progressiva riduzione dell’utilizzo di plastica, combustibili fossili e materiali inquinanti.

Negli ultimi anni, l’Unione europea ha investito quasi 4 miliardi di euro nella ricerca volta a sviluppare l’economia in modo sostenibile. Il settore dà già lavoro a 18 milioni di persone con un fatturato annuo di circa 2 trilioni di euro: un enorme potenziale economico in agricoltura, silvicoltura, pesca, alimentazione o bioenergia che si basa su una miriade di prodotti a base biologica attualmente in fase di sviluppo, ma che già raggiungono l mercati di tutto il continente.

In Finlandia opera, ad esempio, la Metsä Fibre, società attiva sia nella produzione di bioenergie che di bioprodotti: ogni anno trasformano fino a 6,5 milioni di metri cubi di pasta di legno senza usare una sola goccia di combustibili fossili. Duecentoquaranta camion e 70 vagoni ferroviari a pieno carico alimentano ogni giorno lo stabilimento con legno di betulla, abete rosso e pino.

Il tutto viene utilizzato per produrre pasta di legno; la produzione annuale è di circa 1,3 milioni di tonnellate. Eppure, l’intero processo avviene senza uso di combustibili fossili: non solo lo stabilimento è completamente autosufficiente, ma secondo i dirigenti, è ormai in grado di produrre bioenergia in eccesso. “Stiamo producendo due volte e mezzo più energia di quanta ne usiamo noi stessi” spiega la vicepresidente Camilla Wikstrom. “Abbiamo i fanghi e dai fanghi produciamo biogas. E poi abbiamo la corteccia, da cui produciamo il gas e anche la corteccia è esaurita per utilizzo energetico all’esterno della fabbrica”.

“Poi – continua – abbiamo un progetto in corso per realizzare materiale tessile dalla polpa. E anche dalla cellulosa abbiamo la possibilità di realizzare composti per sostituire la plastica”.

Attualmente, i ricercatori della Metsä Fibre sono impegnati nello sviluppo di cartoncini sostenibili a tre strati per un imballaggio innovativo. L’impianto ha richiesto un investimento iniziale di 1,2 miliardi di euro, ma manager sono convinti che i loro prodotti ecologici innovativi in legno contribuiranno a ripagare questo enorme investimento. “”La maggior parte dei prodotti sviluppati negli ultimi 50 anni – spiega l’amministratore delegato Niklas Von Weymarn – erano basati sul petrolio, sono prodotti petrolchimici. Ma ora la situazione in termini di ambiente commerciale sta cambiando e apre nuove possibilità di produrre questi prodotti a partire dal legno”.

Un futuro meno dannoso per la plastica

Un altro passo fondamentale per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili sarà la capacità di produrre bioplastiche maggiormente biodegradabili e compostabili. `Al lavoro, in questo senso, si è già messa la Novamontazienda attiva in Piemonte, nel Novarese. La loro ricetta segreta per la bioplastica comprende materie prime come amido di maiscellulosa e oli vegetali. Una complessa catena di produzione, che include processi meccanici come l’estrusione e la soffiatura, trasforma questi materiali naturali in film bioplastici, che possono essere utilizzati per produrre sacchetti biodegradabili.

“Nel tempo – spiega il chimico industriale Alessandro D’Elicio – e nelle giuste condizioni, grazie a processi industriali di compostaggio o di biodegradazione sotterranea, le molecole di queste bioplastiche diventano a poco a poco più semplici, grazie all’azione dei microrganismi. Alla fine queste molecole si trasformeranno in qualcosa di più elementare, come il carbonio organico, o semplicemente compost”.

Solo un terzo dei circa 25 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica prodotti annualmente in Europa viene riciclato: il resto viene incenerito o finisce in discarica. Sono quindi necessarie soluzioni urgenti.

Al momento, diverse aziende hanno risposto alle sollecitazioni comunitarie per la riduzione della plastica negli imballaggi: è ad esempio il caso di Saponia, una società croata che si occupa di prodotti per l’igiene e sta sperimentando la bioplastica per alcune confezioni di detergente. “Utilizzandola – spiega Andrea Bozic, dirigente nel settore Educazione e informazione – insegniamo semplicemente ai nostri consumatori che questo è meglio per loro e per l’ambiente. Così nel tempo, quando ci accorgeremo che hanno accettato questo tipo di plastica, questo tipo di imballaggio del prodotto lo estenderemo semplicemente agli altri nostri prodotti”.

Una questione culturale

I ricercatori in Europa lavorano per raggiungere obiettivo comunitario di circa 10 milioni di tonnellate di plastiche riciclate da trasformare in nuovi prodotti entro il 2025. Insieme alla ricerca e all’innovazione, secondo gli scienziati, l’istruzione svolgerà un ruolo cruciale per raggiungere tale obiettivo.

“Ci sono paesi del Nord Europa il cui sistema di gestione dei rifiuti in plastica è molto ben implementato e sviluppato” spiega Montserrat Lanero, ingegnere nel progetto Circ Pack, un consorzio spagnolo che riunisce 22 partner attive nella produzione e distribuzione della plastica. “Ma in altri paesi, la gestione dei rifiuti in plastica non esiste nemmeno. E molti cittadini non sanno quali sono le implicazioni di questa cattiva gestione quando si tratta di come la plastica finisce negli oceani o entra nella nostra catena alimentare. Quindi, una delle nostre principali sfide è capire quali siano le esigenze di ogni paese europeo per essere in grado di trovare il maggior numero possibile di soluzioni su misura”.

Per comprendere meglio queste esigenze, i ricercatori europei si sono affidati al concetto di “citizen science”, coinvolgendo le associazioni dei consumatori per sapere quali siano le aspettative sociali e di mercato quando si tratta di rafforzare l’economia circolare nel settore della plastica. “”Dobbiamo dare potere al cittadino” spiega Belen Ramos, responsabile dell’Ufficio ambiente nell’Unione consumatori spagnola. “Perché spesso il cittadino non si rende conto che la sua decisione di acquisto è molto importante per spostare il mercato verso una tendenza più sostenibile. Ma abbiamo anche bisogno di potenziare il mercato in modo che possa offrire una gamma più ampia di scelte ai consumatori”.

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