Consulenza e priorità della vita | Anima SGR

Consulenza e priorità della vita. Cosa ci dice a tal proposito la famosa “piramide di Maslow”? Rubrica a cura di Mario Noera, Docente di Economia dei mercati finanziari all’Università Bocconi.

Cos’è la piramide di Maslow

Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di “Hierarchy of Needs” (gerarchia dei bisogni o necessità), e lo divulgò nel libro Motivation and Personality, del 1954.

Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell’individuo) ai più complessi (di carattere sociale). L’individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è internazionalmente conosciuta come “La piramide di Maslow”. I livelli di bisogno concepiti sono:

  1. Bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.)
  2. Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione
  3. Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)
  4. Bisogni di stima, di prestigio, di successo
  5. Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).

I bisogni spiegati

Uno dei principi ispiratori della moderna consulenza finanziaria è la cosiddetta piramide di Maslow. Abraham Maslow, come detto, era uno psicologo americano che nei primi anni cinquanta del novecento ha rovesciato l’impostazione delle teorie allora dominanti in psicologia; ha sostanzialmente aperto la strada a quella che oggi conosciamo come finanza comportamentale.

La piramide di Maslow rappresenta infatti una classificazione sequenziale, a suo modo gerarchica, delle motivazioni umane. Le motivazioni delle persone, secondo Maslow, possono infatti essere ordinate dal basso verso l’alto in ragione della loro urgenza relativa. Non a caso alla base della piramide dei bisogni ci sono elementari bisogni fisiologici: respirare, alimentarsi, riposarsi, riprodursi e così via, immediatamente seguiti però, un solo gradino più sopra, dai bisogni di sicurezza. Poi, salendo via via nella scala, arrivano i bisogni di appartenenza, amicizia, affetto, intimità e poi ancora i bisogni di stima e considerazione sociale ed infine, proprio in cima alla piramide, vi sono i bisogni di autorealizzazione morale e spirituale.

Consulenza e bisogni

Quasi mezzo secolo dopo, due padri della finanza comportamentale hanno applicato la piramide di Maslow anche alle scelte finanziarie, collegando la selezione degli strumenti di investimento direttamente ai molteplici obiettivi degli investitori. Come nella piramide di Maslow, nella teoria comportamentale del portafoglio dei due, gli strumenti finanziari devono essere selezionati in funzione degli specifici bisogni dell’investitore, non sulla base delle loro proprietà statistiche come invece nell’approccio tradizionale.

Bisogni e portafogli ottimali

Il procedimento proposto dai due scardina però la logica di costruzione dei portafogli, che oggi è anche la più utilizzata, basata sulla cosiddetta teoria del portafoglio di Marcowitz, il cui mantra è la diversificazione ottimale. La teoria di Markowitz postula infatti che, una volta noti la volatilità e le correlazioni, è possibile ingegnerizzare un unico portafoglio onnicomprensivo, in modo da minimizzare il rischio per ogni dato livello di rendimento atteso.

Il portafoglio comportamentale non si cura, invece, di combinare gli strumenti finanziari tra di loro in maniera astrattamente ottimale, ma si preoccupa soprattutto di trovare il massimo allineamento tra soluzioni finanziarie e bisogni, anche a costo di generare portafogli che Markowitz giudicherebbe sub ottimali.

L’investitore aspirazionale

Di recente, un capo investimenti del wealth management di Merrill Lynch, Ashvin Chhabra, ha ripreso il tema in un libro che negli Stati Uniti ha avuto molto successo, intitolato, peraltro, “The aspirational investor”.

Chhabra sembra non rinnegare l’approccio tradizionale, ma lo considera molto parziale, perché tiene conto solo dei rischi di mercato, trascurando altre due categorie molto importanti di rischi, quelli che Chhabra definisce ad esempio i rischi personali, e i cosiddetti rischi aspirazionali.

I rischi personali sono tutti quelli che derivano non dalle fluttuazioni dei mercati, ma dalle avversità della vita: perdita del lavoro, invalidità, la prospettiva di una vecchiaia, povertà e così via. I rischi aspirazionali sono invece quelli legati alla rinuncia ai propri progetti ed alle proprie ambizioni, come ad esempio investire nella propria impresa, o cercare di arricchirsi con investimenti speculativi. Difendersi dai rischi personali richiede una protezione molto più ampia di quella usuale, mentre seguire le proprie aspirazioni implicherebbe esposizione a livelli di rischio molto, molto più elevati.

Anziché cercare di raggruppare in un portafoglio unico esigenze che sono spesso incompatibili tra loro, Chhabra  suggerisce quindi di dividere le proprie scelte finanziarie come se fossero tre portafogli ben distinti.

I tre portafogli

Una parte è dedicata esclusivamente alla sicurezza: meno redditiva, più liquida e integrata con strumenti assicurativi. Una seconda parte è dedicata alla stabilità di medio lungo periodo, basata sulla tradizionale diversificazione, ed infine una terza parte eventualmente dedicata alle proprie ambizioni, con un’avvertenza di essere disposti anche a perderla integralmente.

Anziché combinare tutti gli obiettivi in un unico contenitore, la logica di costruzione del portafoglio proposto da Chhabra è cioè additiva, perché parte dalla base della piramide di Maslow, allocando al bisogno primario della sicurezza la porzione maggiore delle risorse, destinando poi alla realizzazione di eventuali progetti a medio termine una parte della ricchezza rimanente, ed infine dedicando agli investimenti più rischiosi solamente la componente residua del portafoglio, cioè la punta della piramide di Maslow. Questa procedura consente così di abbinare le risorse disponibili ad obiettivi multipli, nella consapevolezza che ciascuno di essi comporta anche una tolleranza al rischio diversa.

Il merito del metodo di Chhabra  è tuttavia anche un altro. Anziché rifugiarsi nell’alchimia della finanza dei mercati, il metodo costringe infatti a fare i conti con le proprie priorità autentiche.

Conclusioni

Alcuni anni fa, durante un seminario, un consulente finanziario americano allora molto famoso, John Kinder, fece un interessante test con i presenti. Egli chiese a tutti noi di scrivere su un foglio le tre cose che avremmo davvero desiderato fare nella vita se fossimo stati completamente liberi di scegliere.  Poi, messo da parte il primo foglietto, Kinder chiede di scrivere su un altro foglio le tre cose più importanti che avremmo voluto fare se invece avessimo improvvisamente saputo di avere davanti un solo anno di vita.

Confrontando i foglietti ciascuno di noi a quel punto avrebbe saputo cos’era davvero importante per lui. La buona consulenza dovrebbe servire soprattutto a fare questo.

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