Intervista a Massimo Saitta, responsabile investimenti di Intermonte. Le banche centrali saranno protagoniste in autunno. BCE, BoE e FED sono infatti attese ad importanti decisioni.
Non ci sono state ancora azioni nette perché non si è ancora raggiunto il target ultimo dell’azione del QE. Tale target è il 2% di inflazione. Il QE dovrebbe quindi continuare fino a raggiungere quest’obiettivo, sinora sfuggente per varie ragioni (demografia, tecnologia).
Si è aperto quindi un dibattito all’interno della BCE tra i favorevoli alla cessazione del QE, e chi intende continuare per raggiungere quanto appena detto. Il QE mostra anche qualche effetto negativo, va detto; in particolare per le banche, che faticano a fare lending con i tassi così bassi.
Draghi potrebbe proporre un QE allungato ancora di 6 mesi, fino ad una scadenza probabile a metà 2018. E sicuramente sarebbe su scala ridotta, da 60 a 40 miliardi/mese.
Politicamente parlando, potrebbe essere così. Dal punto di vista economico, è ingiustificato rialzare i tassi adesso, con l’inflazione così. La variabile salariale, ben correlata al PIL, ancora non dà significativi segni di vita, e non risveglia l’inflazione. Stando così le cose, anche nel medio periodo dovrebbe essere così.
Se il QE è (ed è stato) un territorio inesplorato, altrettanto lo è l’uscita da esso. Le metriche tradizionali per giudicare i cicli economici stanno mutando; le metriche macro sembrano essere non più valide. Questo è dovuto ai grossi cambiamenti produttivi globali ed alla globalizzazione stessa.
All’inizio i PIR sono stati oggetto di un notevole frontrunning, ovverosia un portarsi avanti, acquistando l’asset sottostante al prodotto. Naturalmente, lo scopo era speculare sull’evento. La vera e propria raccolta ha poi sopravanzato tutte le aspettative, anche in estate. Le stime di 16 miliardi di raccolta in 5 anni verranno battute, e molto significativamente.
Il prodotto è perfetto per l’investitore retail italiano. Inoltre, molti attori che sono rimasti fuori nella prima parte della raccolta, per varie ragioni, si stanno ora affacciando ad essa. Il tutto potrebbe portare a più di 10 miliardi di raccolta già in tutto il 2017.
Si può dire di no. Hanno multipli superiori, pagando un premio rispetto alla big cap di circa il 28%. Per quanto concerne la differenza tra stime di crescita, ed andamento dei titoli in Borsa, qualche mid cap ha visto qualche revisione al ribasso degli utili.
Per il 2017, le eventuali revisioni di stima sono legate al dollaro, elemento macro del periodo estivo con la sua debolezza.
Gli uragani recentemente abbattutisi sugli USA hanno avuto un paradossale effetto positivo. Per poter gestire i fondi destinati alle emergenze, l’amministrazione Trump ha cercato e trovato un compromesso per innalzare il tetto del debito. Questo fatto ha chiaramente rafforzato il dollaro ed il presidente. Visto che il biglietto verde è molto correlato con l’indice di apprezzamento dei presidenti USA, ci si può attendere una risalita di entrambi. Il valore del dollaro può quindi tornare in area 1,15 nelle prossime settimane.
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