Strategic Beta. In Italia, ancora di nicchia | Morningstar

Strategic Beta. In Italia, ancora di nicchia | Morningstar

Solo il 4% dei contratti e il 2,25% del controvalore degli scambi su ETFPlus riguarda prodotti “smart” tipo gli strategic beta, spiega Silvia Bosoni di Borsa Italiana. Intanto, cresce il numero di fondi comuni aperti quotati (non ETF).

Gli ETF sono senza dubbio il vero cambiamento che l’industria del risparmio gestito ha vissuto negli ultimi dieci anni. Partiamo magari da una veloce panoramica del segmento ETFplus di Borsa Italiana. Giusto per avere l’idea della crescita esponenziale di questo mercato negli ultimi anni.

Il mercato attualmente ospita più di mille strumenti già da fine 2015; quest’anno siamo già arrivati a 70 nuovi ETF quotati. È un mercato che ha numeri importanti; l’anno scorso è stato un anno di record per volumi e contratti; sono stati scambiati infatti oltre 100 miliardi nel 2015 in ETP. E il 2016 sta sostanzialmente confermando questi buoni numeri.

In Europa quello degli ETF è un mercato dominato dai grandi investitori istituzionali. Questo a differenza, ad esempio, degli Stati Uniti, dove gli investitori privati detengono una grande fetta degli asset totali. Eppure su Borsa Italiana i retail sono particolarmente presenti; Milano è la prima piazza in Europa per numero di contratti scambiati. Come spiegate questa tendenza?

È una tendenza presente da subito. Da sempre abbiamo una dimensione media del contratto di 20-25 mila euro, quando all’epoca Deutsche Börse superava i 100 mila. Quindi una forte presenza da sempre dei retail che ci permette di essere dal 2005 primi in Europa per numero di contratti scambiati. Questo può essere spiegato dal buon lavoro fatto dai broker online e quindi dall’accesso dato dagli investitori; oltre a questo, gli investitori retail hanno una buona conoscenza del prodotto.

Da ricordare comunque che è vero che ci sono investitori privati, ma gli ETF rimangono uno strumento principalmente per investitori istituzionali; più della metà del controvalore scambiato sul mercato fa riferimento a contratti oltre i 100 mila euro. È un mercato compartecipato, il vantaggio è che i retail hanno le stesse condizioni degli istituzionali.

La novità principale nell’industria dei fondi passivi quotati sono stati sicuramente i prodotti smart beta; noi in Morningstar preferiamo chiamarli strategic beta. Che quota di mercato occupano questi ETF semi-attivi su Borsa Italiana attualmente e quali sono le vostre previsioni in termini di sviluppo futuro?

Attualmente siamo a 100 ETF Strategic Beta quotati. Stiamo parlando di una gamma un po’ diversa, siamo partiti in Italia coi primi Strategic Beta nel 2005, di tipo growth, value o high dividend. Il boom c’è stato l’anno scorso, con 39 quotazioni. È un fenomeno interessante, a livello di numeri non ancora importante. Come numero di contratti siamo sotto il 4% del totale, come controvalore il 2,25%. Quindi in Italia è ancora più di nicchia rispetto all’Europa.

È sicuramente un fenomeno da seguire, perché è un’esigenza d’investimento più raffinata, si va oltre agli indici a capitalizzazione, che non si abbandonano, ma si arricchiscono con delle risposte a esigenze particolari. L’interesse non può che aumentare. Chiaramente adesso gli investitori stanno anche cominciando a vedere come questi strumenti si comportano veramente sul campo.

Perché essendo nuovi non abbiamo ancora dei dati storici…

Esatto, e poi le realtà di mercato stanno cambiando.

Per chiudere, a fine 2014 è partita la quotazione di fondi comuni aperti su Borsa Italiana, un’iniziativa che ha destato molto interesse e qualche domanda ai meccanismi di lancio e alle eventuali conseguenze a livello di distribuzione. A distanza di un anno e mezzo qual è il bilancio che fate di questo progetto e quali sviluppi vi aspettate?

Il bilancio è sicuramente positivo. Abbiamo chiuso il 2015 con 100 strumenti quotati e 16 emittenti, altri sei sono entrati quest’anno e hanno portato il numero di fondi quotati a 125. Tra l’altro alcuni emittenti già presenti hanno deciso di quotare altri prodotti, a conferma dell’apprezzamento per il nostro mercato.

Stiamo riscontrando un maggior interesse e anche conoscenza del mercato da parte delle società di gestione, sia quelle che hanno deciso di utilizzarci come canale distributivo sia quelle che per ora ci stanno solo studiando. Siamo contenti perché queste ultime potranno valutare nel momento in cui avessero delle esigenze specifiche di mercato di utilizzare anche Borsa Italiana come canale distributivo. È un canale conforme alle direttive europee e già in linea con la filosofia della Mifid, in termini di trasparenza ed efficienza.

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