Alessandro Fugnoli, Strategist di Kairos, offre un bilancio dell’anno appena concluso e ipotizza lo scenario macroeconomico di Cina, Europa e Stati Uniti per il 2020 alle porte.
Questo 2019 è stato guardato dai mercati con la lente della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti. Si è probabilmente esagerato l’effetto sulle economie di questo conflitto, che augurabilmente sta per volgere verso una tregua di una certa durata. Si è forse sottovalutato l’effetto strutturale, perché le due economie si separeranno
gradualmente nel corso dei prossimi anni. Ma andiamo a vedere altri fattori che hanno giocato e che, soprattutto, giocheranno nel 2020 in giro per il mondo, per determinare se ci sarà una crescita, come ci si augura, una stagnazione o una recessione, come alcuni economisti continuano a prevedere. Cominciando dalla Cina, che è cresciuta poco quest’anno. Le statistiche cinesi sono notoriamente poco affidabili, ma si capisce molto bene che la crescita è stata bassa dal fatto che tutti i paesi che circondano la Cina, che dipendono dalla Cina per la loro economia, hanno avuto un anno molto deludente. La Cina, comunque, non ha avuto una recessione, e quello che il mercato non ha evidenziato a sufficienza, a mio parere, è il fatto che la Cina da tre anni è impegnata in una guerra allo shadow banking, cioè in una sistemazione generale del suo credito, delle sue attività di credito, del sistema bancario, e in particolare del sistema bancario privato. Questa guerra allo shadow banking, ovviamente, riduce il credito disponibile, riduce la possibilità di crescita. Secondo i programmi del governo cinese questa guerra si concluderà l’anno prossimo, e quindi sarà un altro anno di crescita moderata, che però sarà compensata da alcune misure di politica monetaria molto graduali, molto limitate, che manterranno probabilmente il percorso di crescita più o meno sulla linea di quest’anno.
Anche in Europa non ci saranno novità particolari. La politica monetaria è in una fase di ripensamento, la Lagarde ha annunciato un lungo periodo di riflessione e di elaborazione di una strategia monetaria per i prossimi anni, e il pilota automatico è comunque sull’espansivo. Il quantitative easing è iniziato, 20 miliardi al mese, e quindi l’orientamento è comunque di default espansivo. Per quanto riguarda le politiche fiscali, c’è un po’ di tolleranza per gli sforamenti di bilancio che si preannunciano. Non c’è ancora, però, una vera e propria politica fiscale espansiva, e difficilmente ci sarà per il 2020. Quello che va però segnalato è che la Germania, a cui è stata spesso rimproverata l’assenza di disponibilità verso la politica fiscale espansiva, sta comunque accettando aumenti retributivi molto elevati, dell’ordine del 5-7 per cento, che sicuramente favoriscono, cominciano a favorire, e favoriranno, soprattutto nel 2020, i consumi, e quindi quello che la Germania non fa in investimenti, e che le viene rimproverato di non fare, lo farà per un’altra via, cioè attraverso i consumi interni. La Germania in questo modo si rende un po’ meno competitiva, e consuma un po’ di più, ridurrà un po’ l’avanzo delle partite correnti, che è abnorme, e in questo modo aiuterà un po’ la crescita europea.
Gli Stati Uniti dovrebbero riuscire a evitare il rischio di recessione determinato dagli aumenti eccessivi dei tassi nel 2018. La politica monetaria ha effetti ritardati di 12-18 mesi, e quindi i due rialzi finali del 2018, probabilmente sbagliati, potrebbero ancora manifestare effetti negativi nei primi mesi del 2020. Tuttavia l’effetto psicologico positivo della tregua commerciale che immaginiamo tra Stati Uniti e Cina, dovrebbe bilanciare questi ultimi effetti negativi, e per il resto l’economia americana dovrebbe procedere nel 2020 alla sua velocità di crociera, che è tra l’1,75 e il 2,25 per cento di crescita. Quello che sarà decisivo verso la fine dell’anno, per i mercati, saranno, come già noto, le elezioni presidenziali e Da lì si determinerà quello che succederà negli anni successivi, ma per quanto riguarda il 2020, molte cose sono già scritte e lo scenario dovrebbe essere sul piano economico di relativa stabilità.