Giappone. Perché laggiù si lavora così tanto? | CNBC International

Il Giappone ha uno degli orari di lavoro più lunghi al mondo. Uptin Saiidi della CNBC International viaggia a Tokyo per capire la cultura aziendale del Paese del Sol Levante, e vedere come il governo stia cercando di apportare cambiamenti.

Introduzione

Lavorare tanto è un modo di vivere, in Giappone. Così tanto che, occasionalmente, qualcuno muore per troppo lavoro. In Giappone, morire per troppo lavoro ha anche una parola che lo descrive: karoshi. Quindi, perché si lavora così tanto? C’è una soluzione?

Gli orari di lavoro giapponesi sono inconcepibili per gli occidentali. Alcune aziende fanno fare ai propri dipendenti fino a 80 ore di straordinario al mese. E questi straordinari, spesso, non sono retribuiti.

Al giorno d’oggi, la cultura aziendale giapponese è portata avanti dal cosiddetto “salaryman“.

Chi sono i “salaryman”

Sono impiegati definiti dalla propria lealtà verso la società in cui sono impiegati. In questa, molto probabilmente, trascorreranno la loro intera carriera lavorativa. Un salaryman lavora parecchio in ufficio, ma è scontato che partecipi anche alle attività extra con i colleghi, tipo bere qualcosa fuori con i colleghi.

E non hanno abbastanza ferie, o riposo. Nel 2017, un ricerca ha notato che, sebbene avessero diritto a 20 giorni di ferie all’anno, i lavoratori giapponesi ne usavano in media solo 10, meno di qualunque altra nazione.

E non bisogna essere costretti nei confini di una società per avvertire l’impatto della sua cultura del lavoro. Alle 03.00 del mattino a Tokyo, nell’area di Ginza, ci sono sempre persone vestite da ufficio in giro, con la propria valigetta in mano.

La storia

L’etica del lavoro giapponese risale all’epoca di quello che è conosciuto come il “miracolo economico“. Questo periodo è la formidabile crescita economica che la nazione ebbe dopo la Seconda Guerra Mondiale, dall’inizio degli anni ’50, cosa che la portò ad essere la seconda economia del mondo (oggi sono la terza, dopo la Cina, ma ben davanti alla Germania, che è la quarta, ndr).

Nelle aziende giapponesi, la cultura enfatizza il successo della società, dell’azienda nel suo insieme, che è molto più importante del successo di ogni singolo individuo che la componga. Tale e tanta è questa cosa che uno studio ha accertato come il 63% dei giapponesi si senta in colpa per avere le ferie pagate.

Ancora più sconcertante è il fatto che lunghe ore di lavoro non significano necessariamente alta produttività. Infatti, il Giappone ha la peggiore produttività tra le nazioni del G7 (l’Italia è quarta, ben lontana dagli USA, che hanno la migliore).

Karoshi

Come detto, significa “morte da troppo lavoro“. Viene legalmente riconosciuto dal governo, ed è caratterizzato da un infarto, un ictus o da suicidio per troppo stress. Ogni anno ci sono centinaia di casi di karoshi; si pensa persino che molti casi non siano denunciati come tali, e che il numero sia ben 10 volte superiore.

Una impiegata della società di advertising Dentsu si è suicidata nel 2015. La causa della morte sembra sia stata depressione per troppo lavoro. Il caso ha sollevato attenzione sui karoshi, ed ha rinnovato le richieste per cambiare gli orari di lavoro massacranti dei giapponesi, e gli straordinari non pagati (che sono illegali, naturalmente).

La società è stata multata per violazione degli standard sul lavoro, e per aver preteso che l’impiegata facesse oltre 100 ore di lavoro straordinario al mese. L’AD della società si è dimesso in seguito alla controversia.

Dopo quanto accaduto, la Dentsu ha effettuato qualche cambiamento. Uno è che le luci degli uffici si spengono alle 22.00, da sole, per forzare gli impiegati ad andare a casa.

Soluzioni?

Sia le società che il governo stanno attivamente provando a ridurre il numero di ore lavorate. E c’è qualche barlume di speranza.

Il governo giapponese ha valutato diverse iniziative per affrontare il problema. Tra queste, prendere 5 giorni obbligatori di vacanze all’anno. Oltre a questo, ci deve essere obbligatoriamente un periodo di riposo tra la fine di un giorno e l’inizio di un altro, lavorativamente parlando.

Nel 2016 è stata creata una nuova giornata di vacanza, il “giorno della montagna“, che ha portato il numero di giorni di vacanza in Giappone a 16. Nel 2017, il governo ha lanciato un’iniziativa chiamata “Venerdì premio“. Durante questi giorni, le società vengono incoraggiate a far uscire i dipendenti alle 15.00 dell’ultimo venerdì del mese. Lo scopo è anche quello di consentire di andare a giro a fare spese, non essendo in ufficio.

Uno studio, però, ha accertato che meno del 4% delle persone è uscita dagli uffici il primo venerdì premio. Nonostante queste iniziative, quindi, una sfida culturale ancora incombe. Dato che la cultura giapponese enfatizza il gruppo rispetto all’individuo, nessuno vuole essere il primo a lasciare l’ufficio.

Economia in pericolo

C’è un’altra ragione in merito al fatto che ci sia pressione sulle persone per lavorare sodo. L’economia giapponese è in pericolo; per mantenerla a queste dimensioni, i giapponesi devono lavorare di più.

Come detto prima, il Giappone è adesso la terza economia del mondo, dietro la Cina. Ha perso la seconda posizione nel 2011, dopo 42 anni.

Il Giappone sta  anche affrontando una crisi del mercato del lavoro. La popolazione invecchia velocemente, e il tasso di natalità è in declino (ma la disoccupazione è virtualmente inesistente, essendo al 2,5%); questo significa che il numero totale di abitanti sta diminuendo. Nei prossimi 50 anni, si pensa che la popolazione diminuirà di 1/3 (oggi sono 127 milioni).

Ci sono due maniere in cui questo fenomeno possa essere compensato: immigrazione o robotica. Il Giappone, storicamente, è poco incline ad ammettere immigrati. Solo l’1,6% delle forza lavoro non è autoctono. Senza immigrazione, il gap potrà essere riempito solo dai robot. Non è un caso che la nazione sia all’avanguardia sia in robotica che in intelligenza artificiale, ed in tutti i settori.

Conclusioni

Che la tecnologia possa cambiare, e migliorare, il rapporto tra lavoro e vita normale dei giapponesi, è un fatto ancora da accertare.

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