I banchieri centrali hanno mostrato segni di ottimismo alla loro riunione annuale, ma le preoccupazioni sull’impatto della tecnologia restano. Sam Fleming del FT riferisce dal meeting delle banche centrali mondiali a Jackson Hole.
Con la crescita globale in espansione, la riunione dei governatori delle banche centrali a Jackson Hole, quest’anno, ha avuto ragioni per mostrare ottimismo. Ma mentre si discuteva dei piani per una graduale riduzione dei bilanci delle varie banche centrali, gli stessi banchieri si preoccupavano delle sfide in arrivo per le economie mondiali.
Tra le cose principali in agenda, il danno che il commercio e la tecnologia possono fare alle comunità ed a segmenti del mercato del lavoro. Ancora, c’è preoccupazione per il ridotto guadagno che dalla produzione di un bene finisce al lavoratore. Ce n’è anche per le divisioni regionali e per l’ineguaglianza del benessere economico.
Gli economisti hanno in gran parte fallito nella loro missione di previsione dell’economia. Ed anche a livello comunicativo il loro messaggio ha spesso lasciato molto a desiderare.
Molti di questi sono parsi essere al di là della diretta influenza delle politiche monetarie. Ma alcuni di essi, come la sempre più pervasiva presenza della tecnologia, influenzano direttamente anche la comprensione di base di come i modelli e le politiche usati dalle banche centrali funzionino.
Per esempio, ancora nessuno riesce a comprendere come, con la piena occupazione, non si stia creando inflazione salariale.
Come dimostra il meeting appena conclusosi in Wyoming, i banchieri centrali devono andare al di là delle loro normali competenze, in questi momenti. Soltanto ciò gli potrà consentire di capre le forze che, nel bene o nel male, stanno trasformando le nostre economie.
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