Ogni trimestre Prometeia contribuisce al dibattito economico e finanziario con valutazioni di politica economica e pensieri. Questa volta tocca al clima ed alle decisioni europee sulla neutralità del carbonio, molto importanti per la CE a guida Von der Leyen.
L’accordo di Parigi del 2015 è stato una pietra miliare globale per affrontare le questioni climatiche; per la prima volta, tutti i paesi hanno concordato sulla necessità di agire insieme per affrontare il cambiamento climatico e fare adattamenti in relazione ai cambiamenti già avvenuti. L’accordo stabilisce che tutti i paesi firmatari e l’Unione Europea (UE) devono dare un contributo concertato, o Contributi Voluti a livello nazionale (INDC), per ridurre le emissioni globali di gas serra. L’obiettivo generale è quello di mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2°C al di sopra dei livelli preindustriali nel lungo termine, e di puntare a limitare questo aumento, alla fine, a 1,5°C. L’Accordo di Parigi prevede inoltre che i Paesi riferiscano i loro sforzi e, ogni cinque anni, valutino i progressi compiuti e, se possibile, fissino obiettivi ancora più ambiziosi. La prima revisione quinquennale si svolgerà a Glasgow nel 2020.
Il raggiungimento dell’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 2°C richiederà una riduzione di un terzo delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli attuali. Secondo l’attuale scenario Business-As-Usual (BAU), il riscaldamento globale dovrebbe portare a temperature di 4°C al di sopra dei livelli preindustriali entro la fine di questo secolo. Se le misure di mitigazione stabilite dall’accordo di Parigi saranno pienamente attuate, si prevede che questo aumento potrebbe essere contenuto a 3°C, meno di quanto stimato in precedenza. Il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) afferma che, per evitare danni gravi e irreversibili, l’aumento della temperatura deve essere al massimo di 1,5°C.
A seguito dell’Accordo di Parigi, l’UE si è impegnata a raggiungere tre obiettivi chiave entro il 2030: 1) una riduzione di almeno il 40% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990; 2) il raggiungimento di una quota di energie rinnovabili pari ad almeno il 32% del consumo totale di energia; 3) un miglioramento di almeno il 32,5% dell’efficienza energetica rispetto allo scenario del BAU del 2030. Sulla base delle clausole esistenti, e della nuova agenda della CE, il secondo e il terzo obiettivo potrebbero essere resi ancora più stringenti entro il 2023, mentre il primo potrebbe essere portato al 50-55% entro il 2021.
Nel novembre 2018, la CE ha proposto una strategia (non una proposta legislativa) per un’Europa neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2 entro il 2050 (“Un pianeta pulito per tutti”), confermando il ruolo guida dell’UE nel raggiungimento di un’economia a zero emissioni di gas serra. Questa strategia non include nuovi obiettivi, ma costituisce semplicemente una visione a lungo termine e propone una serie di soluzioni che potrebbero essere applicate dagli Stati membri, dalle imprese e dai cittadini per affrontare le sfide ambientali nei decenni futuri, mantenendo la competitività dell’UE, la conversione dei posti di lavoro e l’equità sociale.
La transizione verso un pianeta pulito e sano è uno degli elementi più importanti delle linee guida politiche di von der Leyen per la CE 2019-2024. L’agenda definisce l’essere il primo continente al mondo neutro dal punto di vista climatico come “la più grande sfida e opportunità del nostro tempo” per l’Europa. Per raggiungere questo obiettivo, la nuova Commissione lancerà una proposta per un Green Deal europeo entro 100 giorni lavorativi dalla sua inaugurazione. Sarà approvata una legge europea sul clima, per formalizzare l’obiettivo dell’UE di neutralità climatica entro il 2050 all’interno del quadro legislativo comunitario. In quanto segue, identifichiamo i quattro pilastri principali dell’European Green Deal.
In primo luogo, l’European Green Deal consentirà una riduzione delle emissioni di gas serra nell’UE superiore all’attuale obiettivo di Parigi del 2030, attraverso l’estensione dell’attuale sistema europeo di scambio delle quote di emissione (ETS) e l’introduzione di una Carbon Border Tax (CBT). L’ETS sarà esteso ad alcuni settori ad alta intensità energetica che finora non sono stati inclusi nel sistema, per motivi legati alla concorrenza. Questi settori comprendono l’industria marittima, dei trasporti e delle costruzioni. La CBT sarà uno strumento complementare, che eviterà il trasferimento della produzione in paesi con restrizioni meno severe sulle emissioni di gas serra (carbon leakage) e fornirà entrate che potranno essere investite in progetti verdi. Questo approccio di tariffazione delle emissioni mira ad una riduzione delle emissioni di almeno il 50% e verso il 55% entro il 2030, rispetto al 1990.
In secondo luogo, sarà attuato un Piano di Investimento per l’Europa Sostenibile per sostenere un investimento di 1.000 miliardi di euro in progetti verdi nel prossimo decennio. L’UE diventerà il leader in relazione alle strategie di finanziamento verde, coinvolgendo più attori e basandosi su sinergie. Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, l’UE potrebbe contribuire direttamente stanziando una quota maggiore del bilancio dell’UE per progetti legati al clima e indirettamente riformando il quadro europeo di scala in modo che gli investimenti verdi siano esenti da regole di scala (ad esempio attraverso l’introduzione di una “Green Golden Rule”). Per quanto riguarda gli investimenti privati, che, sulla base del piano, dovrebbero costituire il grosso del finanziamento verde, questi saranno potenziati dall’agenda di von der Leyen, che attribuisce un ruolo cruciale alla Banca Europea per gli Investimenti (BEI). La BEI diventerà la banca europea per il clima e fornirà il doppio della quota attuale dei prestiti destinati agli investimenti a favore del clima.
In terzo luogo, il piano si concentrerà su come produciamo, consumiamo e commerciamo, rafforzando strategie come il Piano d’azione per l’economia circolare, la Strategia per la biodiversità per il 2030, la lotta contro i rifiuti di plastica e il Piano “Dalla fattoria alla forchetta”.
Infine, la CE introdurrà un nuovo Just Transition Fund per garantire la fattibilità politica dell’European Green Deal e per rendere equa la transizione. La transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio produrrà vincitori e vinti; la politica avrà il compito di rendere la transizione giusta e inclusiva, basata sull’introduzione di misure di compensazione. L’European Green Deal prevede l’istituzione di un nuovo Just Transition Fund, che utilizzerà una parte dei proventi delle politiche climatiche per compensare le famiglie a basso reddito, soprattutto a causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti ad alta intensità di carbonio e del carbone, e le attuali regioni ad alta intensità energetica.
