USA: stimoli fiscali ed elezioni. L’analisi di Aletti Gestielle SGR.
Pinuccia Parini, finalcial communication and advisory manager del gruppo, spiega bene questo importante argomento.
Le elezioni presidenziali USA si terranno l’8 novembre. L’appuntamento politico avrà riflessi globali, come è logico. Altri appuntamenti politici hanno contraddistinto l’annata. A tutti, i mercati hanno guardato con molta attenzione, ed hanno risposto in maniera positiva.
La corsa alla Casa Bianca ha due contendenti: Hillary Clinton e Donald Trump. Concentriamoci sui loro programmi e sull’impatto delle loro politiche. In questo momento gli States, sia da un punto di vista fiscale che di debito pubblico, hanno bisogno di una scossa e di una indicazione molto chiara e netta. C’è anche un problema demografico di cui dover tenere conto.
Sono state fatte simulazioni da centri indipendenti e bipartisan sul programma (non definitivo) dei due candidati. Il deficit americano dovrebbe passare, nei prossimi dieci anni, dal 3 al 5%. La Clinton ha detto che il deficit dovrebbe restare intorno al 5%. Trump ha accennato che potrebbe attestarsi al 10%. Per quanto concerne il debito, le dinamiche sono ancora più ampie e diverse tra i due candidati. Con le politiche attuali, il livello debito/PIL dovrebbe passare dal 75% all”87%. La Clinton porterebbe questo livello, secondo il suo programma, nei prossimi 10 anni all’86%. Donald Trump lo porterebbe al 127%. Le motivazioni di queste differenze stanno nelle politiche fiscali.
La Clinton vede le aliquote fiscali passare dal 18,1 al 18,6%. Per quanto riguarda Trump, invece, si va dal 18,1% al 13,6%. Le entrate mancanti, sostiene Trump, verranno colmate da tagli alla spesa pubblica, ancora non specificati. C’è quindi una importante differenza sul punto della tassazione, parlando di un’evidente rimodulazione, soprattutto Trump. Anche dal punto di vista della tassazione alle imprese ci sarà rimodulazione. A questo si aggiungerà una serie di stimoli fiscali che entrambi i candidati sono seriamente intenzionati a presentare. Oltre a questi, entrmabi vogliono aumentare la spesa in infrastrutture, problema ormai annoso dell’America, e non più rimandabile. Il piano della Clinton sembra molto più dettagliato di quello di Trump, con 250 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni previsti. Trump non ha dato indicazioni chiare, ma all’inizio delle primarie si parlava di una cifra simile.
I due candidati sono molto diversi nel loro profilo politico. Trump non appartiene ai Repubblicani, non è in accordo con le politiche del partito, e viene definito una “wild card”. La Clinton è parte dell’establishment democratico. Entrambi non godono di grande consenso tra gli elettori. Nessuno dei due sembra avere personalità per sottrarre voti all’altra parte.
Guardiamo con particolare attenzione a queste elezioni, per le ragioni addotte precedentemente, soprattutto se fosse Trump ad essere eletto. Devono essere tenute di conto anche le politiche commerciali e quelle estere. Nel primo caso Trump è molto più rigido della Clinton, e probabilmente più protezionista.. Nel secondo, ugualmente (vedi muro proposto con il Messico). Chiunque verrà eletto non avrà carta bianca, perché dipende anche da come si delineerà il Congresso. Attualmente sia Camera che Senato sono in mano ai Repubblicani.Dovesse cambiare, certamente cambierebbe anche ciò che il Presidente potrebbe fare o non fare. Ma anche se restasse così, e venisse eletta la Clinton, la situazione sarebbe delicata. Seguiamo attentamente il tutto, continuando a seguire i programmi dei candidati e le loro indicazioni.
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