L’idea di una ricerca sul risparmio gestito sui clienti italiani nasce da Londra, dove abbiamo la nostra sede principale come M&G. Da tempo noi abbiamo già in Inghilterra un “claim council” in cui facciamo arrivare in ufficio a Londra clienti finali pesi letteralmente dalla strada. Li intervistiamo su quali sono le loro esigenze finanziarie di investimento.
Questo è ancora più importanti in ottica di Mifid 2 in cui l’industria verrà richiesta di avere proprio un target mark di riferimento. Quindi sapere esattamente cosa l’investitore richiede. Quali sono le sue aspettative. Quali sono le sue esigenze di investimento.
E quindi come poduct governance dobbiamo portarci avanti. Sapere in anticipo conoscere quanto più possibile queste esigenze per disegnare i prodotti che meglio possono coniugare le esigenze con i rischi. Le aspettative e i possibili ritorni dei fondi di investimento da questo punto di vista.
Certamente quello che emerge dalla ricerca è che la diversificazione degli italiani è ancora piuttosto bassa. Circa 70 per cento degli intervistati che riferisce di investire ancora soltanto in italia. Questo è quello che era chiameremmo con un termine inglese “home bias” quindi forte attenzione sul mercato locale, sui titoli che conosco meglio perchè sono a me più vicini perchè sono in italia.
Sicuramente ci possono essere delle occasioni da questo punto di vista, delle opportunità interessanti anche in ottica pensionistica. Pensiamo al possibile lancio dei nuovi PIR da qui a qualche mese. Certamente emergono anche dei numeri un po’ preoccupanti, per esempio soltanto il 22% riferisce ad investire con una diversificazione a livello veramente globale. Addirittura ancora più preoccupante il 19% riferisce di non sapere neanche dove ha investito.
Su questo certamente come industria, come assogestioni, possiamo e dovremo probabilmente lavorare di più. Dovremo farlo proprio per consentire agli italiani di dispone di un portafoglio di attività finanziarie molto più diversificato. Alla ricerca anche di asset che siano decorrelati tra di loro. Ad esempio se i tassi d’interesse salissero, ci possa essere una qualche forma di protezione al rialzo dei tassi d’interesse. Comunque cercare attività che siano tra loro decorrelate da questo punto di vista. Proprio per aiutare gli italiani ad avere portafoglio più diversificati.
Da questo punto di vista il fondo d’investimento è certamente lo strumento chiave, lo strumento principe. Già consente di per sè una ottima diversificazione, sia geografica, sia valutaria, sia delle diverse asset class. Su questo c’è probabilmente tanto da fare.
Il dato sicuramente interessante, un po’ nuovo, mi permetto di dire, è il 39% che si rende conto che la priorità assoluta in termini finanziari ècostruire qualcosa per la pensione, per la previdenza. Questo è un dato sicuramente importante. Fa vedere che probabilmente incomincia ad esserci una certa percezione nell’investitore italiano che ci sarà un gap previdenziale. Rsponde a questo gap dicendo che non è mai troppo tardi, non e’ mai troppo presto investire per la pensione.
Non è mai troppo tardi perché anche una persona che va in pensione oggi, diciamo tra 65-70 anni, in Italia ha una aspettativa di vita almeno per i prossimi 15-20 anni. Non è mai troppo tardi anche a 65 anni. Si può ricominciare ad investire di nuovo per la pensione con un orizzonte che non è corto. Può essere anche interessante investire perfino in azioni per una persona che va in pensione oggi.
Certo non è mai troppo presto. Anche il diciottenne che riesce a mettere la parte pochi spiccioli con un semplice piano d’accumulo ben noto può cominciare a mettere da parte anche in giovane età. 18, 20, 25 anni per incominciare a costruirsi uno zainetto.
Che poi con il principio della accumulazione potrà diventare sempre più grande.
Molto spesso dell’industria la regolamentazione, la nuova normativa, vengono intesi come dei lacci e dei pesi. In realtà con Mifid 2, con tutto quello che riguarda la product governance (quindi il governo dei prodotti, il mercato di riferimento, il target market), abbiamo una grandissima occasione come industria a provare a ribaltare quelle che sono le percentuali che escono da questo sondaggio condotto da gfk eurisko. La abbiamo Nella misura in cui soltanto il 33% degli intervistati riferisce di investire già in fondi di investimento, contro un 67% che investe in singoli titoli e azioni ed obbligazioni.
Probabilmente come industria possiamo appunto ribaltare queste percentuali. Cercare di puntare nei prossimi anni al lancio di prodotti che consentano, anziché prendersi dei rischi su singole azioni, singoli titoli, di investire molto di più nei fondi di investimento come strumento principe per la diversificazione, sia geografica, che valutaria, che anche per asset class. Se questo 33% diventasse 67, e viceversa soltanto una parte minoritaria degli investitori investisse singoli titoli, probabilmente avremo già fatto un buon servizio per il paese alla ricerca di una minore concentrazione ed una maggior diversificazione del rischio.
Intervista a cura di Advisor.
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