Politica monetaria. Cosa ha detto Mario Draghi nel meeting dell’8 marzo | BCE

Giovedì 8 marzo Mario Draghi ha parlato a Francoforte nel consueto meeting che si svolge ogni sei settimane all’Eurotower. La conferenza stampa era forse più attesa del solito, vista anche l’attuale situazione economico-finanziaria. Draghi ha prima esposto le decisioni di politica monetaria, e poi ha spiegato che cosa è stato deciso dalla BCE, e perché. Ecco il tutto in maggior dettaglio.

Politica monetaria

Il Consiglio direttivo della BCE ha deciso che i tassi di interesse su tutte le operazioni rimarranno invariati rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,40%. Il Consiglio direttivo si attende che i tassi di interesse di riferimento della BCE si mantengano su livelli pari a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo. Anche ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività. In questo caso, niente di nuovo.

Quanto alle misure non convenzionali di politica monetaria, il Consiglio direttivo conferma che intende effettuare gli acquisti netti di attività, attualmente al ritmo mensile di 30 miliardi di euro, sino alla fine di settembre 2018, o anche oltre se necessario. In ogni caso finché il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi coerente con il proprio obiettivo di inflazione. L’Eurosistema reinvestirà il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma di acquisto di attività per un prolungato periodo di tempo dopo la conclusione degli acquisti netti di attività. Anche in questo caso, finché sarà necessario. Ciò contribuirà sia a condizioni di liquidità favorevoli, sia a un orientamento di politica monetaria adeguato.

Perché è stato deciso così

Le nuove informazioni, comprese le ultime proiezioni formulate dai loro esperti, confermano la dinamica espansiva vigorosa e generalizzata dell’economia dell’area dell’euro. Questa, nel breve periodo, secondo le proiezioni dovrebbe crescere a un ritmo in certa misura più rapido rispetto alle precedenti attese.

Queste prospettive di crescita confermano la convinzione della BCE che l’inflazione convergerà verso l’obiettivo di un tasso inferiore, ma prossimo, al 2% a medio termine. Nel contempo, le misure dell’inflazione di fondo restano contenute e devono ancora mostrare segnali convincenti di una protratta tendenza al rialzo. In questo contesto, continueranno a seguire gli andamenti del cambio e le condizioni finanziarie in relazione alle loro possibili implicazioni per le prospettive di inflazione.

Nel complesso permane la necessità di un ampio grado di stimolo monetario affinché le spinte inflazionistiche di fondo continuino ad accumularsi. Nel fare ciò, sosterranno la dinamica dell’inflazione complessiva nel medio periodo. Il perdurare del sostegno monetario deriva dagli acquisti netti di attività, dalle notevoli consistenze acquistate e dai prossimi reinvestimenti, nonché dalle indicazioni prospettiche sui tassi di interesse.

Cosa ha detto ancora Draghi. La vera novità

La Banca centrale europea cancella una parte della sua forward guidance. Non è più previsto che gli acquisti di titoli possano accelerare il ritmo, e quindi passare da 30 miliardi al mese a un ammontare più elevato, nel caso in cui “le prospettive diventino meno favorevoli“. Cosa non totalmente improbabile, in realtà, a giudicare dalla attenzione che la Bce rivolge agli sviluppi della situazione internazionale. Infatti Draghi, di fronte a dazi imposti “agli alleati“, ha chiesto – implicitamente a Donald Trump – “chi sono i nemici?“. Soprattutto, i tassi di interesse saranno toccati soltanto “molto tempo dopo” la fine del programma di acquisti.

La  decisione non cambia il metodo con cui la Bce reagisce all’andamento dell’economia. Men che meno è il segno che l’obiettivo di inflazione è ormai a portata di mano, anzi. La decisione è stata unanime, ma è stata accompagnata  da un’ampia discussione. Non sono mancate le proposte di modificare altre parti della forward guidance (senza modificarne però la struttura). Alcuni governatori hanno rivelato una maggior fiducia nelle prospettive di crescita e inflazione; altri hanno sostenuto che la maggiore attività economica di questa ripresa possa essere accompagnata anche da un aumento della crescita potenziale, non inflazionistica.

Aumenta la crescita potenziale? Forse

Le proiezioni di marzo hanno confermato l’inflazione media del 2018 all’1,4%, ma hanno abbassato all’1,4% quelle del 2019 (lasciando invariato il livello del 2010 all’1,7%). Potrebbero essere coerenti con l’ipotesi dell’aumento della crescita potenziale. Le stime per il PIL sono state infatti corrette al rialzo per il 2018 (al 2,4%), ma sono rimaste invariate per il 2019 (1,9%) e il 2020 (1,7%).

Rischi sulla crescita

Ha prevalso la prudenza a causa dei rischi che si addensano sulla crescita, attraverso un possibile deterioramento della fiducia. I rischi restano bilanciati, ma Draghi ha voluto meglio caratterizzare questo equilibrio. C’è la probabilità che la crescita sia più alta perché in questo senso spingono i fattori “locali”, ma potrebbe essere frenata da fattori globali. Quali? Rispetto a gennaio, la Bce è stata un po’ più esplicita: sono legati “al crescente protezionismo e agli sviluppi del cambio e degli altri mercati finanziari“.

Le critiche a Trump ed ai dazi

Draghi ha detto che, in base alle stime “statiche”, gli effetti dei dazi annunciati dagli Stati Uniti su acciaio e alluminio non sono grandi. La Bce resta convinta che le dispute commerciali devono essere discusse in sede multilaterale perché “le decisioni unilaterali sono pericolose“. A preoccupare la Bce è lo stato delle relazioni internazionali. È il ritorno del tema della liberalizzazione degli scambi come strumento di pace, e non come strumento economico. I rischi economici di queste misure sono le ritorsioni, i possibili effetti sui cambi, e le ricadute che queste “schermaglie” commerciali possono avere sulla fiducia, e quindi su crescita e inflazione.

Italia, mia bella…

Infine il Presidente ha detto qualcosa anche in merito all’annosa questione della formazione di un governo in Italia. Draghi ha ricordato l’importanza della sostenibilità fiscale nei paesi ad elevato debito; ha anche ricordato che l’esperienza degli ultimi anni suggerisce che “i mercati non reagiscono agli esiti elettorali in modo da minare la fiducia“. È anche vero, ha però aggiunto, “che un’instabilità protratta può minare la fiducia“. Gli effetti, ovviamente, sarebbero ancora su crescita e inflazione.

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