PIR: ormai non si parla d’altro. Su DaDaMoney vi abbiamo già spiegato di che si tratta e speriamo che avrete qualche dubbio in meno. Ma l’argomento è lungi dall’essere esaurito. A Mercati che fare, Leopoldo Gasbarro ne ha discusso con Nicola Saldutti, capo redattore dell’Economia al Corriere della Sera.
I piani individuali di risparmio potrebbero dimostrarsi una vera pietra filosofale. Un provvedimento in grado di creare valore per il risparmio e le imprese e alleggerire i pesi dei crediti deteriorati delle banche.
La vera intuizione di questo nuovo strumento d’investimento è coniugare il vantaggio fiscale con il contributo alle imprese. In un arco di tempo ampio. Come ormai saprete infatti, per beneficiare della tassazione agevolata i capitali investiti devono essere detenuti per almeno cinque anni. Un aspetto che consente al risparmiatore di non subire le forti oscillazioni che ci sono nel breve periodo e all’impresa di ricevere un finanziamento per un periodo abbastanza lungo.
I primi dati confermano che questa volta lo strumento è stato ben tarato: da inizio 2017 sono stati raccolti risparmi per oltre 1 miliardo di euro. In un orizzonte di 5 anni l’apporto previsto è di 18 miliardi, raccolti con la sottoscrizione di 360mila contratti da parte di privati e investitori professionali. Numeri che potrebbero far crescere gli scambi in borsa tra il 5 e il 10%, rappresentando un volano per lo sviluppo del paese.
I PIR non sono un’innovazione assoluta. Riproducono, con piccole variazioni, le caratteristiche di altri strumenti messi appunto nel resto del mondo per contribuire alla crescita delle piccole e medie imprese locali. I PEA francesi, introdotti nel 1992, hanno generato un afflusso di capitali pari a 120 miliardi di euro. I piani ISA del Regno Unito hanno accumulato un valore di 518 miliardi di sterline in 18 anni. I TFSA canadesi, invece, 150 miliardi di dollari. Funzionano tutti in modo simile e rappresentano nuova linfa per le imprese e i mercati.
Come anticipato, anche i primi risultati per il nostro paese sono positivi. Il Ftsi Aim Italia, l’indice del mercato dedicato alle nostre piccole e medie imprese, ha già segnato una crescita a doppia cifra nel primo trimestre 2017. Le società coinvolte sono 79, con una capitalizzazione complessiva di 3,6 miliardi di euro. Tra loro, il 71% ha registrato una performance positiva pari a un incremento medio del 28%.
Certo, non tutte le piccole e medie imprese italiane sono eccellenti. Ecco perché è sempre più cruciale il ruolo delle SGR, che devono aiutare i risparmiatori nella selezione delle aziende con maggiori margini di crescita.
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