Paolo Baffi, un grande governatore di Bankitalia | Orizzonti TV

Paolo Baffi è nato nel 1911. Ha tre anni in più, è più vecchio del suo predecessore alla Banca d’Italia Guido Carli. Baffi, a differenza del suo predecessore Carli, è entrato alla Banca d’Italia molto molto tempo prima. E’ stato assunto nel 1936 da Azzolini, quello che aveva guidato la banca d’italia in periodo fascista, e mandato a Londra, dove Baffi era diventato un economista, uno studioso, di grande, grandissimo rilievo.

Negli anni in cui furono alla guida della Banca d’Italia Luigi Einaudi (1945-1948), e poi Donato Menichella (1948-1960), Paolo Baffi fu il capo dell’ufficio studi, una persona molto importante. Fu con Baffi che l’ufficio studi divenne un ruolo fondamentale nella storia di Banca d’Italia. Poi, quando nel 1960 fu nominato Guido Carli, Baffi divenne direttore generale Era buffo… era la prima volta che nella storia della Banca d’Italia trovavamo un direttore generale che era più vecchio del governatore; in genere le cose erano al contrario. Però i due andarono abbastanza d’accordo.

Paolo Baffi meritava di essere nominato nel 1975 governatore della Banca d’Italia; lo meritava, eccome, però ci fu tutto… una strana discussione. Prima della sua nomina se dovesse prendere il posto invece Ferdinando Ventriglia, che era molto più legato al potere democristiano dell’epoca. Baffi, vorrei ricordarlo, era invece un grande studioso laico. Poi, durante tutti gli anni, pochi a dire il vero, in cui fu governatore della banca d’italia, Baffi, con quel potere democristiano… l’ex ministro Emilio Colombo, Giulio Andreotti… ebbe dei rapporti abbastanza complessi, resi ancora più complessi dal fatto che Baffi fece muro contro due personaggi equivoci dell’epoca, Michele Sindona e Roberto Calvi. Baffi fu inflessibile contro tutti i maneggi; allora non ancora non si sapeva della P2, di tutte le opacità che si muovevano dietro il palazzo della Banca d’Italia, ma Baffi, come se sapesse, tenne la schiena dritta. Gliela fecero pagare, perché nel 1979 partì contro in lui una improvvida inchiesta giudiziaria con un capo di imputazione alquanto pesante. Fu addirittura messo in prigione il direttore generale della Banca d’Italia Mario Sarcinelli.

Inutile dire che nel giro di poco tempo l’affare si sgonfiò e a Baffi fu restituito per intero l’onore, e il riconoscimento e la gratitudine del Paese, ma intanto lo avevano costretto a dimettersi sia lui che il direttore generale, dalla Banca d’Italia. Fu per lui di grande conforto che 126 tra premi Nobel, governatori di altre banche, personalità le più importanti dell’economia mondiale, firmarono immediatamente un manifesto di solidarietà a Paolo Baffi, e a quelle firme se ne aggiunsero molte altre. Fu una consolazione, ma non fu una riparazione del torto. Poi il presidente del consiglio Giovanni Spadolini, quando fu nominato a Palazzo Chigi, gli offrì il posto di ministro, ma Baffi declinò; non voleva più cimentarsi, e declinò anche quando lo stesso Spadolini gli offrì un posto nelle liste per le elezioni al parlamento europeo. Baffi preferì restare governatore onorario di Bankitalia.

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