Lo sporco segreto del capitalismo

L’aumento delle disuguaglianze e la crescente instabilità politica sono il risultato diretto di decenni di teoria economica sbagliata, anche sul capitalismo, dice l’imprenditore Nick Hanauer. In un discorso visionario, egli smonta il mantra che “l’avidità è buona” – un’idea che descrive come non solo moralmente corrosiva, ma anche scientificamente sbagliata – e delinea una nuova teoria dell’economia alimentata dalla reciprocità e dalla cooperazione.

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Sono un capitalista, e dopo 30 anni di carriera nel capitalismo alla guida di tre dozzine di aziende, che hanno generato un fatturato di decine di miliardi di dollari, appartengo non solo all’un percento, ma allo 0,01 percento più ricco al mondo. E oggi condividerò con voi i segreti del nostro successo, perché i ricchi capitalisti come me non sono mai stati così ricchi. La domanda quindi è: “come facciamo?” Come riusciamo, ogni anno, ad accaparrarci una fetta sempre più grande di capitale? I ricchi sono forse più intelligenti di 30 anni fa? Lavoriamo forse più strenuamente di una volta? Siamo più alti, più belli? 

Sfortunatamente no. Fondamentalmente, la causa è una sola: l’economia. È tutto qui lo sporco segreto. C’è stato un tempo in cui le professioni economiche lavoravano nell’interesse pubblico; ma nell’era del neo-liberalismo, oggi, lavorano solo per le grosse corporazioni e per i miliardari, e questo costituisce un problema. Potremmo scegliere di mettere in atto politiche economiche che alzano le tasse ai ricchi, regolamentano le forti corporazioni, o alzano i salari dei lavoratori. Lo abbiamo già fatto, in precedenza. Ma gli economisti neoliberali ammonivano che tutte queste politiche erano un errore terribile, perché alzare le tasse soffoca la crescita economica, e qualsiasi controllo da parte del governo è inefficiente, e alzare i salari distrugge sempre posti di lavoro. E a causa di questo modo di pensare, negli ultimi 30 anni, e parlo dei soli Stati Uniti, l’un percento dei più ricchi si è impossessato di altri 21 trilioni di dollari, mentre il 50 percento più povero ha perso 900 miliardi. Un pattern di crescente disuguaglianza, che si ripete in tutto il mondo. Eppure, mentre famiglie borghesi sopravvivono a malapena con salari immutati da 40 anni, gli economisti neo-liberali continuano a predicare che l’unica risposta ragionevole al doloroso sconvolgimento dell’austerità e della globalizzazione è ulteriore austerità e globalizzazione. 

E allora, cosa dovrebbe fare la società? Beh, quello che dobbiamo fare è evidente. Abbiamo bisogno di una nuova teoria economica. L’economia è stata definita la “scienza triste”. E per un motivo valido, perché per quanto la si insegni oggi, non è proprio una scienza, nonostante tutta quella impressionante matematica. Un crescente numero di studiosi e professionisti hanno infatti concluso che la teoria economica neo-liberale è pericolosamente sbagliata e che le attuali crisi di crescente disuguaglianza e crescente instabilità politica sono il diretto risultato di decenni di pessima teoria economica. Ora sappiamo che l’economia che mi ha reso ricco sfondato non è solo sbagliata, ma è pure arretrata. Perché a quanto pare, non è il capitale a generare crescita economica, ma la gente. E non è l’interesse personale a promuovere il bene pubblico, ma la reciprocità. E non è la competizione a garantirci prosperità, ma la cooperazione. Quel che ora riusciamo a capire è che una economia come questa, né giusta né inclusiva, non potrà mai sostenere gli alti livelli di cooperazione sociale necessari a far prosperare una società moderna. 

Ma allora, dove abbiamo sbagliato? Beh, a quanto pare è diventato del tutto evidente che i presupposti a sostegno della teoria economica neoliberale sono semplicemente, oggettivamente falsi. Quindi oggi per prima cosa voglio parlare di alcuni di questi presupposti sbagliati; e poi voglio parlarvi di cosa, secondo la scienza, genera prosperità. 

Il primo assunto dell’economia neoliberale è che il mercato sia un sistema efficiente capace di autoregolarsi, il che significa che se qualcosa aumenta nell’economia – i salari ad esempio – qualcos’altro deve scendere – come il lavoro. Quindi, ad esempio, a Seattle, dove vivo, quando il primo ìsalario minimo nazionale, di 15 dollari, fu approvato nel 2014, i neo-liberali si stracciarono le vesti per il loro prezioso equilibrio perso. “Se alzate il costo della mano d’opera”, dissero, “scenderà la domanda”. “Migliaia di lavoratori a basso salario perderanno il lavoro”; “I ristoranti chiuderanno”. Solo che … non è successo! Il tasso di disoccupazione è crollato drasticamente. Il settore della ristorazione, a Seattle, è esploso. Perché? Ma perché non esiste alcun equilibrio! Perché alzare i salari non ammazza i lavori, ma li crea; perché, per esempio, quando si chiede ai ristoratori di pagare adeguatamente i dipendenti – in modo che anche loro, ogni tanto, possano mangiare al ristorante – il settore della ristorazione non si restringe, ma si allarga. Mi sembra evidente!

E ora il secondo assunto: il prezzo di qualcosa corrisponde sempre al suo valore. In pratica, se tu guadagni 50.000 dollari l’anno, e io guadagno 50 millioni di dollari l’anno, è perché produco un valore mille volte maggiore del tuo. Non vi sorprenderà scoprire che questo assunto è particolarmente apprezzato da quei dirigenti pagati 50 milioni di dollari l’anno che però pagano ai dipendenti salari da fame. Per favore, ascoltate qualcuno che ha gestito dozzine di imprese: questa è un’assurdità. Le persone non vengono pagate quanto meritano. sono pagate quanto riescono a negoziare. E il fatto che la percentuale del PIL destinata ai salari si riduca, non è dovuto alla minore produttività dei lavoratori, ma al fatto che i datori di lavoro sono diventati più potenti. 

E fingendo che questo enorme squilibrio tra capitale e lavoro non esista, la teoria economica neo-liberale è essenzialmente diventata una rete di protezione per i ricchi. 

Il terzo assunto, di gran lunga il più nocivo, è un modello comportamentale che definisce gli esseri umani qualcosa chiamato “homo economicus”, che in pratica significa che siamo, tutti, completamente egoisti, completamente razionali e incessantemente auto massimizzanti. Ma chiedetevi: vi sembra credibile che ogni volta che nella vostra vita avete fatto qualcosa di buono per qualcun altro, lo stavate facendo solamente per massimizzare la vostra utilità? È credibile che quando un soldato salta su una granata, per difendere un compagno, lo stia facendo esclusivamente per il proprio interesse? Se vi sembra una follia, contraria a qualsiasi ragionevole intuizione morale, è perché lo è. Ed è pure falsa, secondo le ultime scoperte scientifiche. Ma è questo il modello comportamentale al cuore, freddo e crudele, della teoria neo-liberale. Ed è tanto moralmente corrosivo quanto scientificamente sbagliato. Perché se diamo per scontato che gli esseri umani siano fondamentalmente egoisti, e poi osserviamo il mondo e tutta l’inequivocabile prosperità che contiene, allora logicamente ne segue che deve essere vero che miliardi di atti di egoismo individuali magicamente si trasformino in prosperità e nel bene comune. Se noi umani siamo meri massimizzatori egoisti, allora l’egoismo è causa della nostra prosperità. Secondo questa logica economica, l’avarizia è positiva, la crescente disuguaglianza è efficiente, e l’unico scopo delle corporazioni deve essere quello di arricchire gli azionisti, perché fare altrimenti rallenterebbe la crescita economica e danneggierebbe l’intera economia. Ed è questo Vangelo di egoismo a formare il fondamento ecologico dell’economia neo-liberale, un modo di pensare che ha prodotto politiche economiche che hanno permesso a me e ai miei amici ricchi dell’un percento di intercettare, negli ultimi 40 anni, tutti i benefici della crescita. 

Ma… Se invece accettiamo le ultime ricerche empiriche, la vera scienza – che correttamente rappresenta gli esseri umani come creature estremamente cooperative, reciproche e istintivamente morali – allora, logicamente, ne segue che deve essere la cooperazione, e non l’egoismo, a causare la nostra prosperità. E non è il nostro egoismo, ma piuttosto la nostra reciprocità innata, a costituire il superpotere economico dell’umanità. 

Quindi, al cuore di questa nuova economia c’è una storia che ci permette di essere il nostro “noi” migliore. E a differenza della vecchia economia, questa è una storia virtuosa che ha anche la virtù di essere vera. 

Ora… Voglio sottolineare che questa nuova economia non è qualcosa che ho immaginato o mi sono inventato. Le sue teorie e i suoi modelli sono state concepite e perfezionate nelle università di tutto il mondo basandosi su alcune delle migliori, e più recenti, ricerche economiche: teoria della complessità, dell’evoluzione, psicologia, antropologia e altre discipline. 

E anche se questa nuova economia non ha ancora un “testo sacro”, o un nome comunemente accettato, in linea generale la sua spiegazione per la creazione della prosperità è più o meno questa: il capitalismo di mercato è un sistema evolutivo, nel quale la prosperità emerge grazie a un ciclo di feedback positivo tra il crescente ammontare di innovazione e quello della domanda del consumatore. L’innovazione è il processo con il quale risolviamo problemi umani, la domanda è il meccanismo del mercato per selezionare le innovazioni utili. E più problemi risolviamo, più prosperiamo. Ma più prosperiamo, più i problemi e le soluzioni si fanno complessi. E questa crescente complessità tecnica richiede livelli sempre più alti di cooperazione sociale ed economica per produrre quei prodotti sempre più altamente specializzati che definiscono un’economia moderna. 

Ora, la vecchia economia aveva ragione – ovviamente – a evidenziare il ruolo della concorrenza nel funzionamento del mercato; ma quello che non riesce a vedere, oggi, e che è questa competizione si svolge tra gruppi internamente molto cooperativi: competizione tra aziende, competizione tra reti di aziende, competizione tra nazioni. E chiunque abbia mai gestito un business di successo sa che creare un gruppo di successo includendo i talenti di tutti funziona quasi sempre meglio che ammucchiare un po’ di cretini egoisti. 

Quindi, come possiamo lasciarci alle spalle il neo-liberalismo e costruire una società pù sostenibile, più prosperosa e più equa? La nuova economia suggerisce solo cinque regole generali. 

La prima è che le economie di successo non sono giungle, ma giardini. E i mercati, come i giardini, devono essere curati. Il mercato è la più grande tecnologia sociale mai inventata per risolvere problemi umani: ma liberi da norme sociali e regole democratiche, i mercati inevitabilmente creano più problemi di quanti ne risolvano. Il cambiamento climatico, e la grande crisi finanziaria del 2008, sono due facili esempi. 

La seconda regola è che l’inclusione crea crescita economica. Quindi l’idea neo-liberale che l’inclusione sia un lusso, da concedersi solo se c’è crescita, è sia sbagliata che antiquata. L’economia è la gente che la fa. Includere più gente in più modi è il motor della crescita economica, nelle economie di mercato. 

Il terzo principio è che lo scopo delle corporazioni non è solo di arricchire gli azionisti. La più grande truffa, nella vita economica contemporanea, è l’idea neo-liberale che l’unico scopo delle corporazioni, e la sola responsabilità dei dirigenti, sia arricchire sé stessi e gli azionisti. La nuova economia deve, e può, insistere sul fatto che lo scopo delle corporazioni è di migliorare il benessere di tutti i soggetti interessati: clienti, lavoratori, comunità e azionisti allo stesso modo. 

Quarta regola: l’avarizia non è positiva. Essere rapace non ti rende un capitalista, ti rende un sociopatico!

In un’economia come la nostra, che dipende dalla cooperazione su larga scala, la sociopatia fa male tanto agli affari quanto alla società. 

E quinta e ultima regola: a differenza delle leggi della fisica, le leggi dell’economia sono una scelta. La teoria economica neo-liberale si è venduta come una immutabile legge della natura, quando in realtà sono norme sociali, e narrazioni costruite su pseudoscienza. Se vogliamo veramente un’economia più equa, prosperosa e sostenibile, se vogliamo democrazie e società civili funzionanti, dobbiamo elaborare una nuova economia. 

Ed ecco la buona notizia: se vogliamo una nuova economia, non dobbiamo fare altro che scegliere di averla. Grazie. 

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