Da cinque anni gestisce l’osservatorio sull’inclusione finanziaria dei migranti, progetto sostenuto dal ministro degli interni e dall’associazione bancaria italiana, il cui compito è quello di svolgere attività di ricerca, formazione, azione, nel campo dell’inclusione finanziaria dei migranti
“In un ambito come quello italiano, in un sistema un sistema economico altamente finanziarizzato, l’inclusione finanziaria è un tassello fondamentale, per cui l’inclusione finanziaria diventa un elemento chiave nel processo di integrazione del migrante, nel processo di indivenire un soggetto economico, e nel processo di, in generale, acquisizioni si quelle che sono le risorse per poter vivere nel nostro paese”.
“Noi pensiamo che uno strumento finanziario intercetta qualunque passaggio della vita di una persona, a maggior ragione per soggetti che sono caratterizzati da maggiore vulnerabilità come solo i migranti, per cui accesso al sistema dei pagamenti, accesso al credito, accesso al risparmio, alla protezione del risparmio, quindi prodotti assicurativi, via via sono tutti elementi che sono fondamentali per accelerare i processi d’integrazione, ridurre la vulnerabilità, e anche aumentare la mobilità nel mercato del lavoro“.
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Immagina di dover chiedere in prestito 100 euro. Quale sarebbe la somma più bassa da restituire? 105 euro o 100 euro più il tre per cento?
Questa è una delle domande con cui nel 2014 Annamaria Lusardi, una delle massime esperte di educazione finanziaria al mondo, ha misurato il livello di alfabetizzazione finanziaria in 144 nazioni tra cui l’Italia.
I risultati dell’indagine: nelle prime tre posizioni Norvegia, Danimarca e Svezia.
Il Regno Unito è sesto, la Germania ottava, gli Stati Uniti tredicesimi. Più giù in 58a posizione… il Togo e l’italia? 63esima
Aspetta però… in un’indagine che voleva misurare la nostra alfabetizzazione finanziaria, metà delle domande erano semplici operazioni matematiche.
(Segue, nel video, una serie di interviste a persone di tutte le età, da cui si evince facilmente come il risultato dell’analisi sulla mancata alfabetizzazione finanziaria italiana sia, purtroppo, vero)
Quindi, se non sappiamo calcolare a mente semplici percentuali, siamo considerati analfabeti finanziari.
La matematica è bella! Soprattutto quando iniziamo unire i puntini. Anche se questa non è certo la parte più affascinante. Sia chiaro, non è sufficiente saper fare le percentuali per conoscere l’economia, ma se non sappiamo calcolarle non possiamo utilizzare concetti come sconto, interesse, euribor, rendimento.
]]>La Banca d’Inghilterra (Bank of England) è la banca centrale del Regno Unito. L’istituto (chiamato anche The Old Lady of Threadneedle Street, la vecchia signora di Threadneedle Street, dal nome della strada in cui si trova la sede), nasce nel 1694 ad opera di un mercante scozzese, Williams Patterson, che presentò il progetto di banca centrale al governo, cosa che prevedeva, tra l’altro, di ricevere la gestione del bilancio dello stato e del debito pubblico, nonché il privilegio della stampa di cartamoneta.
Nel 1709 ottenne, di fatto, il privilegio dell’emissione per l’Inghilterra e il Galles, e divenne tesoreria dello Stato. In base alla concessione del 1781, la Banca d’Inghilterra doveva mantenere riserve auree sufficienti a pagare le banconote a vista.
Nel 1826 la riforma del sistema bancario restrinse il privilegio della Bank of England alla regione di Londra, mantenendo per il resto del territorio il principio della libertà d’emissione, ma con disposizioni non favorevoli allo sviluppo delle piccole banche.
La Gran Bretagna mantenne il sistema aureo fino al 1931, quando le riserve auree e in valuta estera furono trasferite al Tesoro, sebbene abbiano continuato ad essere gestite dalla Banca d’Inghilterra.
Il 1º marzo 1946 il Bank of England Act emanato dal governo laburista di Clement Attlee nazionalizzò la Banca, assegnandone la proprietà al Tesoro.
]]>Nel settecento, la Amsterdamsche Wisselbank diventa la più grande banca del mondo. Ad essa dedicò una lunga digressione Adam Smith ne La ricchezza delle nazioni, citandola come banca esemplare del capitalismo.
La reputazione della Banca si incrinò nel 1763, in seguito ad un crollo della borsa che ebbe ricadute anche all’estero.
Un secondo scandalo travolse la Banca nel 1794, quando si scoprì che la stessa, contro i propri statuti, aveva fatto prestito per milioni di fiorini, a diversi soggetti incapaci di restituirli, come la Compagnia olandese delle Indie orientali e perfino a Luigi XVI, che in piena rivoluzione francese fu decapitato e non poté mai restituire i prestiti.
Ma non furono solo gli scandali a causare il declino della Banca, esso fu dovuto anche alla perdita d’importanza di Amsterdam nell’economia mondiale, che si spostò in Inghilterra.
]]>Nella puntata sulla politica monetaria, Paolo Mieli, in una breve introduzione storica, ripercorre l’evoluzione della moneta dal baratto alle note di banco, prime ricevute dove veniva scritto il valore depositato in preziosi, e che danno il nome alle banconote. Per arrivare ad oggi, con la nostra moneta legale, l’euro. Nella seconda parte della puntata insieme al Governatore della banca d’Italia, Ignazio Visco, si parlerà di politica monetaria, di come influenza la vita dei cittadini, del ruolo della Banca Centrale Europea, spiegando anche, cos’è il quantitative easing e a cosa è servito.
Nell’introduzione storica all’innovazione, Paolo Mieli ci racconta come dalla metà degli anni ottanta si sono evoluti i sistemi di pagamento, dagli assegni fino alla moderna home banking, per arrivare agli strumenti digitali contemporanei: le criptovalute. Col vicedirettore della Banca d’Italia Fabio Panetta si entrerà nel dettaglio dell’innovazione del sistema dei pagamenti, cosa sono le criptovalute come il bitcoin, il canale FinTech (Financial Technology), e quali sono le tecnologie su cui oggi le banche stanno investendo e quali benefici possono portare ai risparmiatori.
Per le crisi bancarie, come di consueto lo storico e saggista Paolo Mieli nella parte introduttiva ripercorrerà la storia delle crisi bancarie. Dallo scandalo della Banca Romana del 1892, al giovedì nero del 1929 col crollo di Wall Street. Per poi tornare in Italia col Banco Ambrosiano e Michele Sindona nel 1977, fino ad arrivare alla più recente crisi mondiale: il crack della Lehman Brothers, il 15 settembre 2008. Nell’intervista a Federico Signorini, vice direttore della Banca d’Italia, scopriremo com’è cambiato il modo di gestire le crisi bancarie nel corso degli ultimi decenni, e quanto la fiducia sia un elemento così importante per il sistema bancario, tanto che nel film Mary Poppins, fin da bambini, abbiamo visto come un mancato versamento di due penny possa scatenare una crisi di sfiducia nei clienti di una banca.
]]>In passato le cose costavano di meno, e in futuro ci aspettiamo che costeranno di più. Tendenzialmente, in media, anche gli stipendi aumenteranno. Da queste dinamiche dipenderanno le nostre possibilità. L’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) infatti, attraverso il tasso di inflazione, ci dice ogni anno come varia il prezzo di un paniere di “cose”. Le variazioni dei prezzi ci dicono in sostanza come varia la quantità di “cose” che possiamo comprare con la stessa cifra. In altri termini, ci dice come varia il nostro potere d’acquisto. Confrontare le dinamiche di questo potere d’acquisto con la dinamica del nostro stipendio ci dà una misura del nostro “arricchimento” o del nostro “impoverimento”.
Lo stesso vale per il risparmio e gli investimenti.
Ci sarà un “arricchimento” se e solo se l’interesse che ci viene riconosciuto sarà superiore al tasso di inflazione, permettendoci dunque di comprare più “cose” di quelle che ci potevamo permettere prima dell’investimento.
Considerando che tendenzialmente i prezzi aumentano, lasciare il risparmio infruttifero o non investito ci espone ad un rischio di “impoverimento” legato all’andamento dei prezzi; ci espone, cioè, al potere negativo del tasso di inflazione.
L’inflazione ha un impatto sulle nostre vite. Capirne il meccanismo ci permette di effettuare scelte migliori.
]]>Per tutto il ‘300 i Medici di Firenze sono impegnati in attività bancarie che li rendono già molto ricchi. Poi, nel 1397, sempre a Firenze, da Giovanni de’ Bicci de’ Medici, viene fondata la banca vera e propria. Ed è una specie di bomba nel mercato economico europeo. A quel punto i Medici sono più ricchi addirittura dei Tudor, un famiglia ricchissima, che era quella regnante d’Inghilterra. Per dare un’idea, erano Tudor Enrico VIII e sua figlia, Elisabetta I.
Diventano ancora più ricchi nel 1406, quando Firenze conquista Pisa, e con essa un porto e quindi uno sbocco sul mare. Allora la loro ricchezza e la loro attività bancaria incomincia ad avere dimensioni planetarie.
Il ‘400 è il secolo dell’internazionalizzazione del Banco dei Medici. Nel 1439 viene aperta la filiale di Bruges, ed è un avvenimento su scala europea. Nel 1446 si aprirà la filiale di Avignone. Entrambe le città saranno due roccheforti dell’impero mediceo, che però continua ad avere in firenze la sua capitale.
Dove cominciano i guai per il Banco dei Medici? Cominciano con la Guerra delle Due Rose (1455 – 1487). Il re Edoardo IV, che aveva preso da loro prestiti, si dichiara insolvente, e per loro è già un primo guaio. La morte di Lorenzo il Magnifico, nel 1492, grande sovrano di Firenze e grande mecenate, causa un ulteriore guaio alla banca. A quel punto sono anni asfittici. Il colpo di grazia sarà la calata in Italia di Carlo VIII. Il re francese travolge la penisola nella sua discesa verso Napoli, saccheggia Firenze, e con essa il Banco dei Medici.
]]>Negli ultimi anni, anche a seguito della crisi finanziaria del 2008, le famiglie italiane hanno modificato la gestione della loro ricchezza, sia nelle componenti reali che in quelle finanziarie, come anche nell’indebitamento.
Lo stato unitario italiano, fino dal 1861, è sempre stato indebitato. Le cause sono state le guerre per l’unificazione, e l’unificazione stessa. I primi grandi uomini politici post-unificazione, come Giovanni Lanza, Quintino Sella e Marco Minghetti, dovettero affrontare questo problema, ovviamente. L’idea era di arrivare al pareggio di bilancio, che fu raggiunto nel 1876, con la “politica della lesina“. Dopo di allora, come ben sappiamo e vediamo, i problemi di bilancio si ripropongono costantemente.
Quali sono le caratteristiche del nostro Paese? Uno stato che ama spendere, compensato da cittadini che amano risparmiare. Fra questi due termini si gioca l’intera partita.
La ricchezza delle famiglie è composta dalle attività reali, come immobili o terreni. E dalle attività finanziarie, come depositi, obbligazioni, azioni, fondi pensione. La quota di attività reali nel totale della ricchezza delle famiglie italiane si è ridotta; essa ha risentito del calo dei prezzi delle case. La predilezione degli italiani per il mattone è ancora viva; il possesso dell’abitazione di residenza resta più diffuso in Italia rispetto ai principali paesi europei. Le attività finanziarie hanno subito un calo nel periodo della crisi, per recuperare negli anni successivi.
Dal 2008 si osserva un riduzione dei titoli obbligazionari, insieme ad una crescita di interesse per i prodotti del risparmio gestito. Quindi, maggior interesse per fondi comuni, polizze vita, fondi pensione. Le famiglie italiane si indebitano più che nel passato; la recente ripresa del reddito, ed i bassi tassi di interesse, rendono il debito più sostenibile.
Nel complesso, i bilanci delle famiglie italiane restano dunque solidi.
Essa è cambiata sia nelle componenti reali, che in quelle finanziarie, che nell’indebitamento. La ricchezza reale ha risentito del calo dei prezzi degli immobili, come detto; una riduzione del 15%. Ci sono stati cambiamenti anche nei portafogli finanziari, con una riduzione di titoli obbligazionari pubblici e privati. Dal 2011, in particolare, si è ridotto il peso delle obbligazioni bancarie, causa modifiche sulla tassazione e cambiamenti nella politica delle banche.
Ci si è quindi spostati in parte sul risparmio gestito, in parte sui depositi bancari. Nel primo caso, sono aumentati fondi comuni, fondi pensione e prodotti assicurativi. Nel fare questo, ci siamo avvicinati alla media europea, pur rimanendo ancora sotto ad essa.
Non necessariamente. Lo diventa quando ci siano condizioni per le quali non possa ripagare il debito contratto. Una famiglia è vulnerabile finanziariamente quando il rapporto tra il prestito ed il reddito supera il 30% del reddito.
L’indebitamento è importante per un’economia. Il debito ha utilità per ottimizzare i consumi nell’arco della vita; e lo ha anche per intraprendere attività di investimento. Il problema si ha quando il debito diventa molto alto. Se si verifica questa situazione, la famiglia diventa vulnerabile. Ed a livello macroeconomico, se c’è troppo debito familiare, vi è il rischio che si amplifichino gli shock economici, e trasmissione dello shock da un settore all’altro. Quindi, dalle famiglie alle banche, dalle banche al settore pubblico e viceversa.
Entrambi sono elementi di vulnerabilità. Diventa importante guardali insieme. E che l’eccesso di debito non vi sia da nessuna delle due parti. Questo perché ci possono essere shock trasmissibili a tutti i settori economici, come ricordato in precedenza.
]]>Fino alla rivoluzione industriale, le forme di previdenza era affidate alla beneficenza. La diffusione di quest’ultima era affidata eminentemente al clero. Solo con la suddetta rivoluzione industriale iniziarono le prime forme di assistenza, soprattutto ai poveri. Erano però forme molto rudimentali. Si dovette attendere l’800, ed una personalità come il Cancelliere Bismarck, fondatore della Germania unita, per avere, nel 1883, una forma di previdenza ed assistenza vera.
Altro passo avanti fu, nel 1942, il piano Beveridge in Gran Bretagna, quello che portava l’assistenza “dalla culla alla tomba”. Nei Paesi scandinavi si fece qualcosa di ancora più articolato.
A partire dagli anni ’90, l’invecchiamento della popolazione, gli squilibri delle finanze pubbliche e le condizioni dell’offerta di lavoro, hanno richiesto al nostro Paese profondi interventi di riforma del sistema pensionistico pubblico. E la costruzione, in parallelo, di una previdenza complementare.
Diversi snodi sono stati importanti.
Oggi, il nostro sistema è tra i più solidi d’Europa. Alla fine del 2015, i lavoratori italiani iscritti alla previdenza complementare sono raddoppiati. Le percentuali di adesione più basse della media si riscontrano tra coloro che avrebbero maggiormente bisogno di una seconda pensione. Questi sono donne, giovani, autonomi e lavoratori delle piccole imprese. Ciò è dovuto alla precarietà lavorativa, ed alla bassa dinamica dei salari, ma non solo. Anche all’insufficiente conoscenza delle tematiche finanziarie e previdenziali. Il ruolo dell’educazione finanziaria, ed iniziative ad hoc, come la busta arancione dell’INPS, sono particolarmente importanti.
Moltissimi vantaggi. Per i lavoratori dipendenti c’è una convenienza molto certa ed ovvia: la contribuzione del datore di lavoro. Quello che si percepirà in vecchiaia non è formato solo dai versamenti del lavoratore, ma anche da quelli del datore di lavoro. Rinunciare ad aderire ad un fondo pensione significa rinunciare a risorse che il datore di lavoro era disposto a mettere in campo.
Per tutte le altre categorie di lavoratori ci sono benefici finanziari, fiscali e di sicurezza. Chi è particolarmente avverso al rischio, con un fondo di previdenza complementare potrà trovare un prodotto adatto. Infatti, può conoscere in anticipo la rpestazione che riceverà al netto dei costi di gestione.
Il primo è quello di favorire la conoscenza di questi strumenti. E favorire la comprensione dei benefici che ne possono derivare. C’è uno sforzo notevole fatto in questa direzione dalla COVIP. Sul loro sito si trovano moltissime informazioni utili, a partire da una guida sulla previdenza complementare.
Ovviamente, si può fare molto anche a livello individuale. Gli anziani, che da fascia debole sono ora quella forte, possono aiutare i giovani ad affrontare questo argomento.
Alla precarietà del lavoro innanzitutto. Una previdenza complementare prevede versamenti autonomi, che devono esserci sempre. Se il lavoro è precario, si scontra concettualmente con quanto detto finora.
E’ una cosa utile. Il fondo pensione ha in parte la caratteristiche del TFR. Non è mai troppo presto, né troppo tardi, per aderire ad un fondo pensione complementare.
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