Volumi di produzione: L’OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) stima nel 2017 una produzione mondiale pari a 247 mln di ettolitri (-8% a/a). In questo quadro. L’Italia ha chiuso il 2017 con una produzione di circa 46 mln di hl.
Nell’arco degli ultimi 15 anni i consumi globali di vino sono aumentati da 228 a 242 mln di hl. In particolare nel 2016 si registra una crescita del 6,1% rispetto all’anno precedente, ciò grazie anche al contributo dalle economie emergenti sudamericane e asiatiche. La Cina ha più che raddoppiato i suoi consumi, mentre gli Stati Uniti risultano oggi il primo mercato mondiale, con oltre 30 milioni di hl che pesano per il 24% dei consumi totali. L’Italia è in terza posizione per consumi, con oltre 21 milioni di hl. Ad oggi, per la domanda mondiale, non sono ancora disponibili i dati definitivi per il 2017, ma l’OIV stima una forchetta compresa tra 240,5 e 245,8 mln di hl.
Nell’ultimo quinquennio gli scambi internazionali in volume si sono saldamente attestati sopra i 100 mln di hl (67 mln di hl nel 2001). Le importazioni hanno raggiunto i 102 mln di hl nel 2017 (+4,8% rispetto al 2016). La crescita in valore è ancora più evidente: le esportazioni più che raddoppiano, passando dai 15 mld di euro nei primi anni duemila ai 31 mld di euro nel 2017 (+6,6% rispetto al 2016). In questo quadro l’Italia detiene una quota del 20% del totale export in valore, con 21 mln di hl venduti (+3,7% a/a) corrispondenti a quasi 6 mld € in valore (+6,4% a/a). Dall’analisi emerge come qualità e prezzi giochino un ruolo strategico nella concorrenza globale. Nel confronto tra i prezzi medi degli ultimi due quinquenni, l’Italia si colloca in posizione intermedia (2,6 euro/l) tra il premium francese (5,7 euro/ l) e il low price spagnolo (1,1 euro/l) e questo le ha consentito maggiori margini di crescita.
Il fatturato del settore nel 2017 è stimato intorno a 11,3 miliardi di euro, in aumento del 2,7% nonostante il calo dei volumi, grazie al rialzo dei prezzi registratosi tra agosto e dicembre (+21% a/a in media). Anche per il 2018 si stima una crescita del settore, in termini di valori della produzione, dell’1,8%.
L’export del vino italiano dovrebbe chiudere il 2018 con un’ulteriore crescita del 3,4%. Gli spumanti sono il segmento trainante, grazie soprattutto alle buone performance del Prosecco. Il segmento mostra una crescita a due cifre nelle esportazioni 2017 (+11,6%), tendenza che dovrebbe confermarsi anche nel 2018 con +10%
L’intero settore ha un elevato potenziale di export da valorizzare. Nel 2016, Sace stimava che il settore del vino avrebbe potuto aumentare le proprie esportazioni di quasi il 30% in un triennio, reindirizzando le proprie vendite sui mercati esteri a maggior potenziale di crescita della domanda. A fine 2017, il target proposto da Sace rimane comunque più elevato di quasi il 20% sui livelli attuali di export.
Secondo un’elaborazione UniCredit su dati NOMISMA WINE MONITOR i Paesi più interessanti per l’export di vino italiano nel 2020 saranno:
Con 543 prodotti certificati, l’Italia detiene il primato in Europa su un totale di 1.586 vini certificati, seguita da Francia (435), Grecia (147), Spagna (131), Portogallo (40). Nel 2017 i vini DOP e IGP hanno rappresentato i due terzi della produzione totale, generando un valore alla produzione di 6,8 miliardi di euro.
L’analisi UniCredit su un campione di 689 imprese produttrici di vino che hanno depositato il bilancio negli ultimi 5 anni conferma le buone performance del settore nel periodo 2012-2016, con una crescita del fatturato ad un tasso medio annuo del 3,9%. Guardando alle imprese per fasce di fatturato, si rileva un andamento migliore delle imprese medio-grandi rispetto alla media settoriale, confermando che in questo settore la dimensione aiuta a posizionarsi meglio sul mercato, soprattutto con riferimento alla rete di vendita.
I margini del settore nell’ultimo quinquennio sono aumentati ad un tasso medio annuo del 6,2% riflettendo il progressivo posizionamento delle imprese su una tipologia qualitativa migliore.
Chi fosse interessato, può trovare la presentazione completa dell’analista qui.
]]>EducAzioni è il progetto di educazione bancaria e finanziaria dedicato ai temi del risparmio e dell’investimento consapevole realizzato da Adiconsum in collaborazione con UniCredit nell’ambito di Noi&UniCredit, il programma di partnership fra la banca e 13 Associazioni dei Consumatori di rilevanza nazionale, avviato nel 2005 per accrescere la fiducia e la consapevolezza dei consumatori sui temi di banca e finanza e contribuire a rafforzarne la tutela.
La propensione al risparmio delle famiglie italiane è nota, così come lo scarso livello di alfabetizzazione finanziaria che le caratterizza. Un recente studio di Standard & Poor’s evidenzia infatti come solo il 37% degli italiani possegga una https://www.dadamoney.com/fondi-comuni-di-investimento-cosa-sono/conoscenza finanziaria di base e, secondo l’ultimo rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, ben il 41% degli intervistati non è consapevole dei pilastri del processo di investimento. Questa mancanza di conoscenze di base può causare scelte non consapevoli di allocazione del risparmio e investimenti non coerenti con le reali esigenze dei consumatori.
EducAzioni ha come obiettivo quello di illustrare le principali tematiche legate al risparmio e all’investimento consapevole e chiarire, con un linguaggio semplice e accessibile, quali sono i rischi da considerare, le tutele esistenti e le buone pratiche da adottare quando si decide di investire.
Sono quattro: obbligazioni, azioni, fondi comuni, polizze vita finanziarie.
Le obbligazioni sono una forma di indebitamento alla quale possono ricorrere imprese, Stato, enti pubblici, per ottenere un finanziamento. Utilizzando questo strumento, il risparmiatore diventa un creditore dell’ente emittente, ed ha diritto a ricevere la restituzione del capitale nominale a scadenza, ed il pagamento periodico delle cedole, se previste.
Acquistare un’azione (ossia una quota del capitale di una società) significa acquisite la qualità di socio della società, ed i diritti patrimoniali e/o amministrativi ad essa collegati (ad esempio, il diritto all’incasso del dividendo, se distribuito, il diritto di voto all’assemblea dei soci). I diritti cambiano in base alla tipologia di azione posseduta, che può essere ordinaria, privilegiata o di risparmio.
I fondi comuni di investimento sono strumenti finanziari attraverso i quali il risparmiatore acquisisce un numero di quote di un patrimonio collettivo, costituito cioè da capitali versati da singoli investitori, in proporzione al capitale versato. Il valore delle quote del fondo dipende dall’andamento dei mercati finanziari e dei singoli strumenti finanziari ne quali è investito. Il patrimonio del fondo viene investito da una società di gestione in diversi strumenti finanziari, mercati ed aree geografiche, selezionati in base alla specializzazione del singolo fondo.
Investire in una polizza vita finanziaria significa sottoscrivere un contratto con una compagnia assicurativa, che può prevedere una garanzia sul capitale investito, nonché coperture assicurative, il cui valore è collegato all’andamento degli strumenti in cui è investita la polizza.
]]>Si chiama “phishing“. È una tipologia di truffa molto diffusa negli ultimi anni. L’utente riceve un’e-mail simile a quelle normalmente inviate dalla sua banca, o da altra società, e viene invitato a cliccare su un link tramite i più svariati pretesti.
Il link rimanda ad un sito che non ha nulla a che fare con quello che si pensava di visitare: nonostante la grafica possa essere ingannevole, si tratta infatti di un sito clone che induce a immettere i propri codici, e/o dati personali. Le informazioni vengono presto “catturate”, con spiacevoli conseguenze di natura fraudolenta.
In un contesto di incertezze congiunturali e crisi geopolitiche, il mercato mondiale del lusso ha continuato a crescere. Lo ha fatto, però, a ritmi più contenuti rispetto al passato.
Nel 2016, infatti, il mercato pare aver raggiunto una fase di maturità. È stato sostenuto dalla vendita delle auto di lusso e dai costumi esperienziali, come luxury travel, food & wine e fine art.
Il comparto dei beni personali, che costituisce la parte più significativa del lusso, attraversa una fase di consolidamento. Esso è condizionato dalle oscillazioni valutarie, e dal timore di attacchi terroristici.
Le categorie più performanti si confermano i prodotti beauty e gli accessori. Gli orologi, invece, hanno perso l’8% del fatturato per il calo delle vendite in Asia.
I cinesi restano protagonisti nei consumi mondiali dei beni personali di lusso, con una quota del 30%. Sono seguiti dagli americani col 23%, e dagli europei con il 19%. Nel 2016, tuttavia, l’industria dell’alto di gamma ha dovuto fare per la prima volta i conti con il calo dei consumi da parte dei cinesi. Ciò è accaduto a causa della riduzione degli acquisti in Europa, non compensati da quelli domestici.
Milano risulta tra le città preferite dai consumatori del lusso, insieme a Parigi e New York. In crescita il canale online, sostenuto principalmente dalle abitudini di acquisto dei millennials. Il retail fisico subisce invece una contrazione.
La fine del modello della “retail expansion”, e di mercati facili, lascia spazio all’era digitale, in cui si impone una strategia multichannel (multicanale).
Sono positive. Ci sarà una ripresa nel 2017, ed una accelerazione nei prossimi anni, grazie soprattutto alla possibile espansione dei consumatori cinesi.
Sarà tuttavia indispensabile, in un settore in fase di maturità, imboccare strade meno battute per cogliere nuove opportunità. Continuerà comunque ad essere fondamentale l’attenta sintonia sui valori materiali del lusso che definiscono l’agenda del consumatore.
]]>Il settore farmaceutico continua a crescere e dimostrarsi uno dei più dinamici e promettenti. Il giro d’affari globale ha superato i mille miliardi di dollari nel 2015 e, secondo le previsioni, raggiungerà la cifra record di 1,4 trilioni di dollari nel 2020. Protagonisti dell’espansione del settore e principali mercati per le vendite saranno il Nord America e l’Asia, in particolare gli Stati Uniti e la Cina. In Europa invece le politiche di contenimento della spesa sanitaria porteranno a un calo dei tassi di consumo.
L’Italia, spiega Laura Torchio, mantiene una posizione d’eccellenza nella produzione farmaceutica in Europa. Seconda solo alla Germania, nel 2015 ha guadagnato l’ottavo posto nella classifica mondiale per fatturato di settore, superando i 29 miliardi di euro.
Lungo la filiera nazionale del farmaco, il segmento della produzione e quello della distribuzione farmaceutica presentano dinamiche molto diverse. Il business dei produttori farmaceutici è in espansione grazie al traino dell’export, che rappresenta oltre il 70% del fatturato. La distribuzione farmaceutica invece risente delle difficoltà del mercato interno. A determinare una situazione complessivamente meno positiva sono il calo progressivo dei prezzi dei farmaci rimborsati dal SSN, il maggior consumo dei farmaci generici e l’aumento delle vendite dirette da parte dell’industria.
Nel complesso l’outlook per il settore farmaceutico in Italia è positivo. I tassi attesi di crescita delle vendite superano il 6% medio annuo al 2020. A dimostrare e sostenere la vitalità del settore farmaceutico nel nostro paese sono le multinazionali del farmaco. Come sottolinea Laura Torchio, resta infatti alto il loro appetito verso le piccole imprese innovative. Il settore più interessante è quello dei farmaci biotech, un’eccellenza nel panorama del made in Italy.
]]>Giovanna Zanotti, segretario generale di ACEPI, e Christophe Grosset, specialist di Unicredit, spiegano l’efficienza dei certificati.
La ricerca riguarda i risultati che ha un investitore in certificati rapportati a quello che ha un investitore nel sottostante. Sono stati presi tutti i certificates emessi dal 2008 in poi, confrontandoli con le performance dei sottostanti. I risultati sono positivi, quasi scontati, a favore dei certificati. ACEPI se lo aspettava. I certificates riescono a mantener fede alle promesse fatte all’investitore. Questo vuol dire che riescono ad offrire rendimenti per le fasi di mercato per cui sono disegnati.
Un bonus cap, quindi, riesce a dare una performance buona in una fase di mercato laterale; uno strumento con protezione del capitale effettivamente la offre. Riescono quindi, davvero, a mantenere fede alle promesse fatte.
Il certificate viene a supporto del consulente, per offrire una soluzione che porti qualcosa in più. Offre protezione e, magari, guadagno dove un cliente sta perdendo. Si parla di percentuali non eccezionali, magari 5, 10, 12% su orizzonti temporali di 6, 9 o 12 mesi. Comunque è già un rendimento da portare a casa.
Fiscalmente sono molto efficienti, perché permettono di compensare le minusvalenze con i guadagni ottenuti.
ACEPI fa ricerca sui certificati con l’obiettivo di dare le maggiori e migliori informazioni possibili. Sul fronte educational, fermo restando il sito dell’associazione, particolare rilievo rivestono due strumenti.
Da un lato la mappa dei certificati, che consente di vedere come funzionano i payoff delle principali tipologie. Allo stesso tempo, fornisce la correlazione tra il nome di un prodotto e la sua categoria. Questo perché a volte emittenti diversi chiamano lo stesso prodotto con nomi diversi. L’investitore quindi può essere confuso, e questo strumento consente maggior chiarezza.
Dall’altro, il certificate selector, che consente di selezionare i certificati sulla base di alcuni elementi, fungendo quindi da screener.
ACEPI organizza anche una serie di corsi sul territorio nazionale rivolti ad operatori del settore. In questi corsi si approfondisce la conoscenza del prodotto. Il calendario dei corsi si trova sul sito, ed i corsi stessi sono gratuiti. Ce ne sono di due tipi: base ed avanzato. Ma già nel corso base vengono presentate strategie molto efficaci per l’utilizzatore finale.
]]>Un’overview sul settore della grande distribuzione alimentare per approfondire le dinamiche del mercato, illustrate dall’analista di settore UniCredit Luigia Mirella Campagna.
Il settore della grande distribuzione alimentare ha chiuso il 2016 con un aumento di fatturato intorno allo 0,5%. La crescita iniziata nel 2015 è dunque proseguita, ma a ritmi più lenti. Ciò riflette i consumi delle famiglie, che stentano a ripartire.
E’ aumentato in particolare il fatturato alimentare (+0,8%), che rappresenta il 93% del totale. Quello del segmento no food è rimasto in calo (-2%).
Supermercati e discount si confermano i formati più performanti. Le prime stime indicano un incremento delle vendite dello 0,6% per i primi e del 5,8% per i secondi. Ipermercati e piccoli esercizi commerciali rimangono invece formati in crisi. Il calo delle vendite è stato rispettivamente del 3% e del 2,5%.
La profonda trasformazione del settore avviene in un contesto competitivo molto complesso. La rincorsa alle promozioni ha eroso le performance economiche del settore. Si individuano però profitti crescenti nei punti vendita più innovativi.
Il vecchio modello di sviluppo basato sulla formula “più grande è meglio” ha ceduto il passo a più modelli distributivi. Questi sono nati intorno alle nuove preferenze del consumatore. Le parole del cambiamento sono: Risparmio, comodità, salutismo, cibi non convenzionali, vendite online.
Strategicamente, si punta all’efficientamento ed alla riqualificazione della rete. Mentre chiudono i piccoli esercizi commerciali, gli ipermercati riducono le superfici e diventano superstore. I discount riposizionano verso l’alto l’offerta. I supermercati aumentano le superfici ed ampliano gli assortimenti con prodotti freschi e biologici, cibi innovativi e piatti pronti.
In prospettiva, è attesa una ripresa ancora debole, in linea con la modesta crescita dei consumi. Continueranno però ad essere premiati i formati che meglio sapranno interpretare i cambiamenti della domanda.
In generale, il settore è stabile, con una leggera ripresa,che risente necessariamente di una domanda statica, data la situazione generale di incertezza che stiamo vivendo.
]]>Intervista a Christophe Grosset, investment certificate specialist di UniCredit sui trend del mercato dei certificati ad inizio anno.
In modo molto attivo. Moltyo interesse sui prodotti che offrono coupon. Abbiamo approfittato di questo interesse per offrire nuovi prodotti. Già alla fine del 2016 siamo usciti con dei nuovi cash collect. Questi hanno pagato il primo coupon il 26 di gennaio. Continueranno a farlo a febbraio e merzo. Poi subentrerà il discrezionale, comunque molto ampio. Infatti, questo prevede di continuare a pagare coupon a meno che il mercato non crolli di oltre il 30%.
Quindi inizio d’anno buono. Sono entrati in quotazione anche dei bonus certificates che consentono di puntare a rendimenti importanti. Anche questi con protezione del 30%. Interesse in particolar modo da chi investe.
I certificati si integrano molto bene con la resilienza, perché tolgono il fattore di incertezza delle variazioni, anche istantanee, dei mercati. Molto interesse, di recente, ai certificati legati ad Intesa SanPaolo. Quando si vedono titoli correre, o correggere, il certificato può essere concepito come una valida alternativa.
Questa nuova ricerca, disponibile anche sul sito dell’associazione, illustra quanto e come un certificato reagisce in vari contesti di mercato. I contesti sono di rialzo, ribasso e stabilità. In casi di forte, forte ribasso il certificato attenua un po’ quanto accade, comunque perde. In fase di lateralità, batte invece grandemente il mercato. In fase di rialzo, segue di base ciò che succede al mercato.
Questo studio rafforza la qualità dello strumento, e rappresenta un’opportinità per chi voglia far diversificare i suoi clienti. Ovviamente, anche per chi voglia utilizzarlo personalmente.
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