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Introdotti negli Stati Uniti dopo il Black Monday del 1987, gli interruttori automatici fanno scattare una sospensione dal trading.
Negli Stati Uniti, un interruttore iniziale viene attivato quando l’S&P scende del 7%. Il trading viene poi interrotto per 15 minuti.
Se l’indice scende del 13%, un’altra pausa di 15 minuti si attiva.
Un calo del 20% fa scattare un interruttore di livello tre, ponendo fine al trading per la giornata.
Durante il crash del coronavirus, l’interruttore iniziale è stato colpito quattro volte a marzo.
Gli arresti delle negoziazioni possono essere attivati anche sui futures azionari e sulle singole azioni.
I sostenitori dicono che l’interruttore può agire come un rallentatore stradale durante un rapido declino del mercato.
Gli oppositori dicono che le interruzioni interferiscono in modo inaccettabile con l’efficienza dei prezzi.
]]>Il finanziere miliardario George Soros ha ammassato la sua fortuna in gran parte con la gestione di hedge fund. Nato a Budapest, in Ungheria, l’ottantottenne finanziere è sopravvissuto all’occupazione nazista dell’Ungheria nella Seconda Guerra Mondiale, e si è spostato in Inghilterra, per studiar alla prestigiosa London School of Economics. Più avanti nel tempo, Soros si è trasferito in America, ed è diventato un importante donatore a cause politiche con una chiara matrice liberale.
Soros è spesso l’obiettivo di teorie cospirazioniste da ambienti di destra; i critici dicono che egli finanzi tutti i gruppi di sinistra, e gli rinfacciano le violenze che spesso scoppiano durante le proteste di piazza. L’avvocato del presidente Trump, Rudy Giuliani (ex famoso sindaco di New York), ha ritwittato un tweet in cui Soros viene definito “l’Anticristo”. Recentemente, persino Trump stesso ha parlato della questione, con un altro tweet, dove espressamente citava il finanziere ungherese come finanziatore di politici democratici.
Pochi giorni fa, un congegno esplosivo è stato scoperto molto vicino alla sua casa di New York.
]]>Molte persone aspettano ad investire per timore di subire un crollo di borsa. Si sappia che questa è la cosa peggiore che un investitore intelligente possa fare, perché il crollo di borsa prima o poi ci sarà. Aspettare per evitarlo è solo un’illusione ottica che fa perdere la performance.
Ragioniamo un attimo insieme. Immaginiamo che il mercato faccia un +50 dopo che si è entrati, un -30 e un +20. Oppure che faccia un -30, poi +20 e +50. Alla fine il risultato che otterrà è esattamente lo stesso, non fa nessuna differenza (è solo una questione matematica).
Il problema è che magari si aspetta ad entrare perché si ha paura del -30. Il mercato fa +50, si entra, il -30 arriva dopo. Poi arriverà naturalmente anche il +20, però il problema è che la performance eccezionale ormai si è persa, e quindi il rendimento finale che otterremo sarà inferiore a quello della media del mercato. Oppure, cosa peggiore, si entra, il mercato fa -30, poi fa +20. A quel punto si inizierà a pensare che tutto è perso che, il mercato non recupererà più, si disinveste tutto, ed il mercato fa +50 successivamente.
Consiglio veramente pratico e spassionato: “time, no timing” come dicono gli americani, cioè non cercare di battere il mercato individuando quando ci sarà il crollo perché non lo sa nessuno. Bisogna investire oggi, allungare l’orizzonte temporale in modo tale da prendere il crollo che inevitabilmente ci sarà, ma anche le performance eccezionali che prima o dopo seguiranno o precederanno.
]]>Oltre a essere un concetto chiave dell’educazione finanziaria, diversificare è al contempo una strategia applicabile alla vita di tutti i giorni. Tramite un contest sulla piattaforma per videomaker MyVisto, il Museo del Risparmio ha quindi lanciato una sfida: descrivere in un video di un minuto la diversificazione con un pizzico d’ironia e un tocco di creatività.
La diversificazione è una modalità di gestione del portafoglio – l’insieme degli investimenti – che comporta l’acquisto di un’ampia gamma di attività finanziarie il cui andamento non è correlato, ovvero i cui rendimenti non si muovono nella stessa direzione. L’obiettivo della diversificazione consiste nel diminuire la rischiosità dell’investimento mantenendo inalterato il suo rendimento.
In pratica, dato che i rendimenti di investimenti diversi non sono quasi mai correlati, si opera sul portafoglio, aggiungendovi una vasta gamma di titoli con scadenza diversa che consentono di frazionare il rischio complessivo dell’operazione. Questo consente agli intermediari di prevedere con maggiore precisione l’esito dell’investimento, quindi valutarne rischio e rendimento.
Nella pratica, i benefici della diversificazione in termini di riduzione del rischio di portafoglio giustificano l’esistenza di istituzioni quali i fondi comuni di investimento e di strumenti finanziari come gli exchange-traded funds (ETF). Entrambi consentono infatti ad un investitore di acquisire direttamente un portafoglio altamente diversificato, senza incorrere negli elevati costi di transazione e di raccolta di informazioni che comporterebbe investire in una serie di attività finanziarie individuali.
]]>Cosimo Pastore intervista Paolo Galvani, presidente e Co-Founder di Moneyfarm, a questo proposito.
Quando acquistiamo un’obbligazione, stiamo erogando un prestito a chi ce la vende. Quando compriamo un BTP, prestiamo soldi allo Stato italiano, che in cambio promette di ridarci l’importo investito, dopo un periodo predefinito. Al contempo, di distribuirci periodicamente gli interessi sulla somma versata. I bond sembrerebbero quindi uno strumento relativamente semplice, a ci sono alcuni elementi che vanno presi in attenta considerazione.
Considerando le obbligazioni più sicure, come i titoli di stato su scadenze fino a tre anni, i rendimenti possono essere addirittura negativi. Nel concreto, significa che quando investiamo su questi strumenti, da un lato abbiamo un flusso cedolare positivo, ma dall’altra abbiamo una perdita in conto capitale. Il nostro investimento, cioè il prezzo che paghiamo il titolo, perde valore rispetto all’acquisto. E questa perdita di valore può essere significativamente inferiore a quanto portato a casa con le cedole.
Quindi, se acquisto un prodotto che dia, per esempio, il 3%, non è detto che io abbia quel rendimento?
Esattamente. Immaginiamo un titolo a 1 anno, investendoci 10.000 €, e che questo debba rendere il 3%. Aggiungiamo a ciò il costo del titolo stesso. Se lo paghiamo 102, e rimborserà a 100, da una parte avremo la cedola del 3%, dall’altra la perdita in conto capitale del 2%. Per cui, alla fine, l’investimento avrà reso solo l’1% per la durata prevista.
Assolutamente no. Le obbligazioni rimangono uno strumento fondamentale. Chiaramente il mondo è cambiato, e non ci sono più i BTP od i CCT di una volta. L’analisi da fare su questi prodotti deve essere molto più seria ed approfondita.
Lo strumento è abbastanza semplice. E’ la sua gestione che è complessa. Bisogna identificare bene la relazione tra rischio e rendimento, che difficilmente si trova in un unico titolo.
Ovviamente, quando si parla di investimenti, bisogna sempre identificare bene gli obiettivi per cui si investe. Quando si è fatto questo, bisogna farsi consigliare da un professionista, e costruire l’asset allocation che soddisfi questi obiettivi.
Esattamente. Una singola obbligazione non può soddisfare questi bisogni, e neanche più di una. Ci vogliono anche azioni, valute, ed altre asset class che, insieme, concorreranno al raggiungimento dell’obiettivo. Al contempo, ci vuole un serio controllo del rischio mentre si compone l’asset allocation,
]]>Una singolare classifica è quella apparsa all’inizio di questo mese sulle pagine de La Stampa. Riporta i risultati dei primi fondi di investimento istituiti in Italia, i cosiddetti “fondi matusalemme”. Si tratta di prodotti storici che ancora oggi occupano la ribalta, dopo 30 anni di onorata carriera.
Su tutti, spicca il risultato di Fondersel, 5,96% di rendimento medio annualizzato, dal 1 gennaio 1985 al 31 maggio 2017. Un risultato ottimo, che lo pone al vertice assoluto di questa gloriosa categoria.
Ne è particolarmente orgoglioso, per due motivi. In primis, perché sono stati molto felici di essere stati i primi a lanciare in Italia un fondo comune di investimento. In secundis, oltre ad essere stato il primo ad essere stato lanciato, è anche quello col rendimento migliore di tutti. Un risultato di quasi il 6%, capitalizzato, per 32 anni, è in effetti di tutto rispetto.
Per dare un’idea di quanto questo sia vero, basta pensare al prezzo di inizio del fondo. All’epoca era pari a poco più di 5 euro (erano le vecchie 10.000 lire); oggi siamo ad una cifra superiore ai 60 euro.
Le gestione è stata sempre oculata, senza particolari voli pindarici; un equilibrio del 50%, equamente diviso, tra investimenti azionari ed obbligazionari. Questo dimostra come, nel lungo termine, si possano raggiungere risultati particolarmente interessanti. Se si ha la pazienza di mantenere fermi nel tempo degli investimenti, si ottengono i risultati migliori. La maggior parte degli investitori, soprattutto in Italia, è invece poco paziente; si attendono risultati molto più a breve, e questo vanifica tutto.
]]>Nonostante una più sensibile percezione del rischio politico (USA, Italia), la grande reflazione prosegue, anche se con le sue debolezze (bassa produttività). Continua il momento favorevole delle borse; non sono però più alimentate dalle buone sorprese economiche, ma dalla crescita degli utili aziendali. Questi ultimi sono il nuovo combustibile che sostiene i listini.
L’inflazione torna nell’agenda dei banchieri centrali americani; non preoccupa i loro colleghi europei. Nel Vecchio Continente l’economia sta andando bene; l’inflazione non è ancora vicina dell’obiettivo della BCE (al di sotto, ma vicina al 2%). Dal picco di 1,9% ad aprile, l’inflazione è tornata all’1,4%. L’inflazione core (senza energia ed alimentari) è tornata a 0,9% dal precedente 1,2%.
Le obbligazioni restano in quell’aria di incertezza data dalla normalizzazione della FED su tassi e bilancio. Restano sensibili anche alla rinnovata sensibilità del rischio politico. L’attenzione è rivolta un po’ meno a Washington, dove la FED ha imboccato una direzione precisa, e casomai si può discutere se sia giusta o meno. Adesso lo è più verso Francoforte, cioè verso la modulazione della politica della BCE.
Da tempo questi sono una asset class inevitabile. Il downgrade del debito cinese arriva dopo un anno in cui la Cina era stata messa in outlook negativo. Il debito sta salendo e le riforme procedono troppo lentamente. Ma il debito cinese è principalmente domestico, come quello giapponese. L’attività economica, comunque, continua. La Cina si appresta all’appuntamento autunnale del Congresso Quinquennale, da dove il Presidente Xi uscirà confermato e più forte. Sarà quindi in grado di proseguire nel programma di riforme ritenuto prioritario rispetto alla stessa crescita.
Lo slancio dell’economia cinese ed indiana prosegue, e si allarga alle altre economie della regione asiatica. Il FMI vede l’intera area in crescita nel 2017 del 5,5%; del 5,4% nel 2018. Torna ad essere motore dell’economia globale l’intera area asiatica.
La gradualità dei rialzi della FED ha fin qui aiutato governi e società indebitati in dollari. Nel frattempo, la crescita economica ha consentito a molti paesi il ribilanciamento dei conti pubblici. Quindi il profilo rischio-rendimento dell’azionario emergente presenta valutazioni inferiori rispetto ai listini delle economie avanzate. Teniamo anche conto che l’esposizione globale dei grandi investitori in questa asset class è ancora modesta. E’ verosimile pensare che i flussi di investimento aumenteranno.
Si pensa sempre di più che i costi delle politiche di alleggerimento quantitativo stiano superando i benefici. Siamo ad un punto di flesso delle politiche monetarie. Ci siamo grazie a crescita, politiche di inflazione e profitti delle imprese. Bisogna basarsi sui fondamentali per fare corrette scelte di asset allocation.
Quindi, moderatamente positivi sull’azionario. Questo perché l’attuale sostegno, come detto, deriva principalmente dagli utili societari. Preferenza relativa per Europa ed EM rispetto agli USA.
Nella seconda metà dell’anno, saranno più le iniziative della BCE a dettare il ritmo ai mercati, che quelle di altre banche centrali.
Per quanto concerne il dollaro, sembra che Trump stia abbandonando la retorica del protezionismo, ed è un dato positivo. Continua però con la retorica del “buy american, hire american”. In questo è aiutato dai mercati e dall’indebolimento del biglietto verde. Il differenziale dei tassi tra USA ed Europa rimane elevato.
Chi investe in obbligazioni può affrontare la fase di inversione tenendo bassa l’esposizione alla duration. Allo stesso tempo, potrebbe dotarsi di strategie absolute return, debito subordinato, MBS, e debito emergente anche in valuta locale. Il tutto selettivamente, è ovvio.
]]>L’economia mondiale continua a dare segnali positivi, nonostante le elezioni di Trump. Ma attenti al secondo semestre. Ecco la ricetta di Lorenzo Alfieri (JP Morgan AM), che invita a non sottovalutare gli asset rischiosi.
Il mercato sta scontando ampiamente l’entrata di Trump, ed il suo nuovo approccio alla crescita negli Stati Uniti. Non dimentichiamoci che le economie mondiali stanno andando particolarmente bene anche prescindendo dagli USA e da Trump. L’Europa cresce; i mercati asiatici ed il Giappone stanno crescendo a ritmi abbastanza interessanti; soprattutto i mercati emergenti continuano la loro crescita.
La nostra visione è che almeno per il primo semestre l’intonazione potrebbe essere positiva. Nella seconda parte dell’anno, invece, dovremo probabilmente fare i conti con l’applicazione reale dei nuovi strumenti e decisioni, politiche e non solo, di Trump. Bisognerà vedere se queste ultime si trasformeranno in crescita maggiore, inflazione maggiore, e rilancio ulteriore dell’economia USA.
In una economia globale che sembra crescere, è chiaro che gli asset rischiosi sono forse le cose più interessanti. Partendo dall’azionario, occhio molto selettivo agli Stati Uniti; In Europa, euro sostanzialmente debole, ed economia globale che cresce, e potrebbe favorire le grandi aziende europee; mercati emergenti.
Dall’altra parte, rimaniamo molto cauti sul mercato obbligazionario. La soluzione migliori sono fondi obbligazionari flessibili. E’ l’unico strumento per evitare rischi in virtù dei forti rialzi dei tassi. Questi ultimi potrebbero provocare importanti perdite in conto capitale.
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