I sondaggi non prevedevano una maggioranza definita; più o meno l’esito previsto era questo. La reazione dei mercati è composta. Bisogna ancora avere il senso definito della questione, e capire come gli schieramenti si muoveranno nelle prossime settimane.
Rispetto alle aspettative dei mercati, l’esito elettorale ha portato ad una situazione più complessa; ci vuole più tempo per la sua definizione.
Ormai ci sono elezioni politiche, a livello globale, ogni pochi mesi. Non ne parliamo riguardo alle comunicazioni delle banche centrali. Non si può sempre cambiare portafoglio dopo ogni evento, ovviamente. L’importante è pianificarlo secondo il proprio profilo rischio-rendimento; confrontarsi con un buon consulente; adottare uno stile di investimento omogeneo col proprio profilo di rischio.
Importante verificare la volatilità. In questo caso, rivedere se meglio un investimento in una sola tranche oppure un PAC. Attrezzare i portafogli secondo gli eventi è il ruolo dei gestori; il cliente deve specificare il profilo di rischio al consulente in modo da essere consigliato al meglio.
Esposizione di rischio dei portafogli ridotta prima del voto. Il mercato non aveva scontato totalmente l’incertezza elettorale; si era orientato più verso un risultato favorevole a forze europeiste. L’esito del voto induce a mantenere un approccio cauto. Non bisogna, inoltre, azzardare scenari politici che sarebbero, probabilmente, sbagliati.
Si osserva, comunque, come l’assunzione di incarichi governativi modera gli atteggiamenti estremisti a causa dell’assunzione di responsabilità. Questo anche in ambito economico. La situazione è in continua evoluzione, comunque.
Lo scenario realmente non scontato dal mercato è l’incertezza, e la NON formazione di un governo. L’Italia, a differenza di Spagna e Germania, non può permettersi l’assenza troppo a lungo di un esecutivo.
Sui mercati obbligazionari governativi ci sono i vincoli europei. Qualunque sia il governo politico, tutti sono soggetti al rispetto degli accordi in sede europea, ed alle restrizioni di spesa. Esiste ancora l’influenza positiva, inoltre, del QE della BCE nel calmierare gli spread.
I mercati rimangono in attesa, in ogni caso, di una definizione politica precisa nelle prossime settimane. Quando il quadro politico sarà chiaro, ci saranno maggiori movimenti sia al rialzo che al ribasso.
Gli eventi politici quasi mai modificano le prospettive di medio periodo dei mercati. Queste sono determinate dall’andamento economico e dalle condizioni monetarie. Il primo è buono, con ripresa diffusa in atto in Europa ed Italia; ripresa propagata sia a consumi che investimenti che all’export. Non ci si attendono ricadute negative per cause politiche. Le seconde rimangono espansive; anzi, potrebbero anche prolungarsi proprio a causa dell’incertezza italiana.
Rimane un approccio moderatamente positivo al mercato azionario europeo. In Italia, qualche settimana di maggiore volatilità in attesa di una soluzione politica alla formazione di un governo.
La cosa migliore sono i prodotti bilanciati, che propongono una diversificazione sia obbligazionaria che azionaria, con diversi livelli di rischio. Nei prodotti in questione ci sono sia i paesi sviluppati che gli emergenti, naturalmente.
Come sempre, il posizionamento dei prodotti va confrontato col profilo di rischio del cliente.
Certamente sì. Bisogna capire come si evolverà la politica economica di Trump nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. I temi legati al protezionismo vanno contro la crescita economica, sempre. Ciò influenza certamente i mercati finanziari.
La reazione dei mercati, negativa, c’è stata; poi ci si è assestati, ma sono riaffiorate le paure per un ruolo protezionistico dell’America, che non farebbe bene a nessuno. Bisogna aspettare e vedere come si evolve la situazione.
Il tema è sempre quanta Italia avere in portafoglio. Ma di questo si occupa il gestore, coerentemente con lo scenario attuale. In caso di investimenti settoriali, verificare quelli che sono gli scenari attuali, per eventuale ripesamento dei portafogli.
Al momento, non ci sono condizioni per pensare ad un riposizionamento strategico dei portafogli. Bisogna aspettare e vedere cosa succede.
Molto difficile dirlo. Innanzitutto gradirebbe UNA coalizione che avesse i voti per governare. I programmi, come detto, subiscono tutti una smussatina di realpolitik quando si deve governare. Ma ci vorranno ancora settimane per una soluzione.
Se prolungato, certamente sì. In altre situazioni, in altri paesi, lo stallo, però, non influenza in maniera decisiva l’economia. L’incertezza porta comunque volatilità; più è breve, meglio è.
]]>La teoria economica non si nutre solo di teoremi, ma qualche volta anche di miti. Uno di questi, tra i più resilienti e diffusi, è quello dell’efficienza dei mercati finanziari. Il paradigma ortodosso di questa tesi presuppone che gli investitori siano sempre perfettamente informati e razionali. Talvolta, però, com’è ben noto, i mercati deviano dall’efficienza e si fanno dominare dall’emotività. Le crisi finanziarie, quindi, dipendono dal panico, e le bolle dall’euforia.
Quindi, secondo questa lettura, la bolla delle dot.com ad inizio del 2000 era solo una mania imitativa che spingeva tutti ad investire in qualunque società che nel nome avesse .com. Un fenomeno analogo è evocato anche oggi di fronte a quotazioni di Borsa spesso iperboliche. Non c’era alcuna logica nell’esuberanza irrazionale dei primi anni duemila; non pare essercene neanche oggi nelle quotazioni stellari dei cosiddetti unicorni.
Nel gergo della finanza, sono quelle start-up, che già nei primi anni di vita, ed ancora prima di una quotazione borsistica, hanno una capitalizzazione superiore al miliardo di dollari. Come i discografici con le rock star, gli investitori (in particolar modo i fondi di venture capital e di private equity) sognano di scoprire un unicorno, e di farsi trascinare verso il successo.
Fino a qualche anno fa, gli unicorni non esistevano. Oggi sono oltre 250. Ed hanno spesso nomei famosi, come Uber o Airbnb (Snapchat si è quotato, ndr). Tuttavia, è spesso difficile per gli analisti giustificare quotazioni così elevate sulla base dei profitti realizzati od attesi. Analogamente alla bolla Internet di inizio secolo, le quotazioni degli unicorni di oggi non sembrano rispettare alcuna legge razionale.
Diventa quindi sorprendente la scoperta che queste valutazioni siano tutt’altro che irragionevoli. Rispondono, in verità, ad una razionalità nascosta. Sembra che le quotazioni dei titoli Internet si siano conformate, in realtà, ad un ordine molto preciso: la legge esponenziale. Anche le quotazioni degli unicorni di oggi sembrano ben spiegate dalla medesima legge.
Quest’ultima prevede che “chi è più grande, tende anche a rendere di più”. Molti fenomeni naturali e sociali sono caratterizzati dalla distribuzione esponenziale, per esempio terremoti ed espansione delle città. Essa, però, non si applica, di norma, alla teoria finanziaria tradizionale.
Per quest’ultima, infatti, i rendimenti non dipendono dalla dimensione dei titoli, ma si distribuiscono in modo casuale. La rivoluzione digitale sembra però aver sovvertito le regole del gioco.
Sia per i titoli Internet di inizio 2000 che per gli unicorni di oggi, chi per primo introduce un’innovazione, diventa presto irraggiungibile per la concorrenza. Nel mondo digitale, infatti, l’espansione è governata dalle cosiddette economie di rete, vale a dire da processi che si autoalimentano incessantemente.
Se tutti gli amici utilizzano WhatsApp o Facebook, è molto probabile che lo faccia anche qualcun’altro. E la stessa cosa può, con ogni probabilità, capitare a chiunque in una cerchia di conoscenze, autoalimentando il fenomeno.
Per i vincitori del mondo digitale, le leggi della concorrenza appaiono sospese. Questo mondo tende a digitare monopoli naturali, cioè galline dalle uova d’oro che, ovviamente, valgono molto. I mercati possono anche non essere efficienti, ma di certo non sono stupidi.
]]>Per la prima volta in diversi anni, la FED ha fatto esattamente quanto aveva detto. Ha cioè rialzato i tassi per tre volte. Il mercato attualmente non crede allo stesso ritmo per il 2018 ed il 2019. Se però dovessero essere confermati questi rialzi nei due anni, si andrebbe al 3% sui tassi a breve. La cosa importante è che la FED ha rivisto al rialzo in maniera significativo il sentiero di crescita. Questo non solo per la riforma fiscale recentemente approvata, ma proprio per la forza intrinseca dell’economia. La crescita appare solida, diffusa e durevole.
La BCE non ha deciso niente nell’ultima riunione perché aveva fatto tutto ad ottobre. Anche loro hanno però alzato significativamente il sentiero di crescita del PIL per il futuro. In ogni caso, entrambe le view delle due BC dicono che saranno molto supportive dei mercati.
Mercati azionari particolarmente brillanti; ritorni a doppia cifra in tutte le principali aree geografiche. Forte apprezzamento dell’euro, che è andato ad erodere una parte dei guadagni in valuta estera. L’MSCI Mondiale in valuta locale è al 18%, per fare un esempio; in euro, siamo solo all’8%. C’è stata sostanziale stabilità dei tassi dei titoli governativi.
Quadro macro, banche centrali e politica sono le tre chiavi dei movimenti dei mercati. La loro interazione spiega tutto quello che è successo. Nel 2017 c’è stata molta più crescita delle attese. Dal 3,2% di aspettative, si è passati al 3,6%. L’inflazione core, però, quella no volatile, è scesa. Soprattutto in USA, dall’1,9% all’1,4%.
La crescita senza inflazione ha permesso alle BC di continuare a normalizzare le politiche monetarie di aiuto straordinario. E’ per questo che i mercati obbligazionari non hanno fatto scoppiare alcuna bolla.
Questo contesto è stato il migliore possibile per i mercati azionari. La maggiore crescita e le politiche monetarie ancora accomodanti hanno infatti aiutato molto. Non solo, ma anche i fondamentali aziendali sono stati molto costruttivi. Utili in crescita a doppia cifra ovunque, i più alti dal 2010.
Ci sarà una novità importante: il risveglio dell’inflazione. Questa sarà supportata dalla maggiore crescita, che continuerà sincronizzata, e dall’azione di supporto delle BC, pur continuando queste ultime a normalizzare. Tutto questo dovrebbe spingere al rialzo i tassi di interesse, penalizzando le obbligazioni. I mercati azionari continueranno, quindi, per le stesse ragioni, a sovraperformare. E lo faranno anche per la mancanza di opportunità alternative di investimento.
Tre punti da sottolineare. 1) I ritorni attesi sono più modesti del 2017. Questo perché il ciclo sarà più maturo, ci sarà meno stimolo monetario, e le valutazioni sono meno generose. 2) La volatilità aumenterà. Sembra inevitabile visto i livelli bassissimi a cui siamo. 3) La visibilità è alta, ma va diminuendo. Vuol dire che il livello di attenzione dei vari elementi fondamentali e comportamentali che possono influire sui mercati è sempre alto, ma aumenterà nel 2018.
La parola magica è inflazione. Finora ha deluso, e questo si è visto bene sui mercati obbligazionari. I tassi non sono andati dove sarebbero dovuti andare. Nel 2018 l’inflazione partirà sottotono, ma già nel secondo trimestre ci dovrebbe essere una crescita significativa. I mercati potrebbero anticipare questo tipo di movimento. Lo scopo e l’obiettivo è capire quanto della forte crescita che c’è si tradurrà in prezzi più alti. Questo anche tenendo conto che le banche centrali stanno progressivamente togliendo supporto. Quindi prudenza, con tassi inflattivi più alti verso la fine del 2018.
2017 positivo per il mercato azionario italiano, in particolare per le PMI. Si profilano rialzi mediamente superiori al 30%. Risultato possibile grazie al consolidamento della ripresa economica; alle politiche monetarie espansive; all’introduzione dei PIR. Il successo di questi ultimi è stato ben superiore alle aspettative, come si sa. In 5 anni ormai si profila una raccolta tra i 50-70 miliardi di euro.
I fondi PIR hanno veicolato buona parte di questa raccolta sulle PMI quotate. Questa domanda ha gonfiato le valutazioni? In alcuni casi, certamente sì. Allo stesso tempo, tra i titoli meno in vista, ci sono ancora valutazioni fondamentali interessanti. Sulla spinta dei PIR, inoltre, molte aziende stanno valutando la quotazione. Nel 2018 ci sarà quindi una forte domanda, accolta da una sempre maggiore offerta.
Crescita Italia, un bilanciato obbligazionario, è stato il primo prodotto PIR in Italia. Iniziativa Italia, che è invece azionario italiano al 100%, ad aprile è stato adeguato alla normativa PIR. La combinazione dei due prodotti copre quasi tutti i profili di rischio della normativa.
Molto importante affidarsi a prodotti gestiti attivamente, dove si fa selezione dei titoli. In un mercato sottile come quello delle PMI, la selezione del gestore è fondamentale.
]]>Probabilmente le camere verranno sciolte il 27 settembre. Si andrà così a votare il 4 di marzo. Questa sembra la tabella di marcia sempre più probabile.
La calendarizzazione delle elezioni è il momento in cui i mercati capiscono che l’evento sta arrivando. Il fatto che il governo non si dimetta, ma resti in carica per gli affari straordinari, dimostra come non ci sia una maggioranza alternativa. Ovviamente, questa indecisione si riflette sui sondaggi e sulle possibilità che qualcuno possa realmente governare dopo il 4 marzo.
No. Ma certamente l’avvicinarsi delle elezioni porterà momenti più volatili rispetto al recente passato.
C’è un accordo di massima su un pacchetto relativo ad una riforma fiscale, anche se per qualcuno è un mero taglio delle tasse, e non una riforma completa. L’obiettivo è di arrivare alla firma del Presidente Trump entro Natale.
Le novità sarebbero che la Corporate Tax statunitense scenderà al 21%, forse anche nel 2018, anche se pare più probabile il 2019. L’aliquota personale massima sarà al 37%. Ci sarà un limite massimo di deduzioni sugli interessi per chi ha il mutuo fino a 750.000 $. Indecisione ancora sulla Repatriation Tax, ovvero il prelievo sui capitali all’estero che saranno riportati in America, come i big della tecnologia, ma non solo.
Il mercato l’ha anticipato molto. La reazione sarà sicuramente positiva, ma è in parte già scontata. Sarà curioso vedere l’effetto reale sulla crescita per il prossimo anno. La luna di miele dei mercati col Presidente si è conclusa da tempo. Ci sarà sicuramente una ripresa di confidenza, comunque, perché la riforma è comunque una buona cosa.
Difficile da dire, come tutti gli anni. Molto probabilmente la crescita continuerà. La crescita è sincornizzata a livello globale, per cui è difficile vedere una brusca interruzione.
Dal punto di vista delle valutazione, i mercati sono cresciuti molto, ma lo sono anche gli utili. Questa degli utili cresciuti molto è stata la vera sorpresa del 2017.
Per il 2018 ci sono due temi da considerare. Il primo è che la crescita, nel medio-lungo termine, porta un po’ d’inflazione. Ed oggi fi inflazione non ce n’è. Il secondo è che il clima di compiacenza estremamente diffuso su ogni asset class può portare a qualche scossone. E questi scossoni sono anche importanti in termini di correzione dei trend. Quindi, presumibilmente, la volatilità nel 2018 dovrebbe essere più elevata.
Forse il mercato dell commodities e, in parte, gli emergenti. I mercati sviluppati dovrebbero fornire, a questi livelli, dei ritorni più contenuti.
]]>Si sta per chiudere un 2017 positivo per il mercato azionario italiano, in particolare per il segmento delle piccole medie imprese. Si sono verificati rialzi in media superiori al 30%.
Questo risultato è stato possibile grazie al consolidamento della ripresa economica, continuamente al rialzo nel corso dell’anno, alle politiche monetarie espansive e all’introduzione della normativa sui PIR con la legge di stabilità di fine 2016.
Il successo della normativa è andato oltre le aspettative, che prevedevano la raccolta di circa 2 miliardi per il 2017. Si stima infatti una raccolta che ruota attorno ai 10 miliardi. Nell’arco di 5 anni si prevede che tale raccolta possa arrivare tra i 50 e i 70 miliardi. Per tanti, i fondi Pir hanno veicolato buona parte di questa raccolta sul segmento delle piccole e medie imprese quotate.
La domanda, che sorge spontanea tra investitori e risparmiatori, è legittima. Effettivamente ci sono casi, che riguardano le piccole-medie imprese, più diversificate geograficamente e più liquide, che in questo momento presentano valutazioni poco attraenti. Allo stesso tempo, fra i titoli di seconda fascia, che sono maggiormente esposti alla ripresa dell’economia domestica ed europea, ci sono ancora valutazioni interessanti da un punto di vista fondamentale.
Inoltre, sulla spinta dei PIR molte aziende stanno valutando di quotarsi. Questo comporta che, accanto a una maggiore domanda, ci aspettiamo per il 2018 anche una maggiore offerta.
L’approccio di Anima Sgr continuerà ad essere estremamente selettivo anche nel 2018, andando alla ricerca delle opportunità che a nostro avviso offrono valore, soprattutto da un punto di vista fondamentale.
]]>Pochi giorni di performance negativa. In realtà è una fisiologica e naturale presa di profitto dopo un periodo molto buono ovunque. Ler performance del 2017 sono state ottime, anche in doppia cifra in valuta locale. Ovvia riduzione rapportate in euro vista la forza della divisa unica.
Bene ricordare come il contesto di riferimento dei mercati non sia cambiato, nelle ultime settimane, ma si sia persino rafforzato. Il quadro è caratterizzato da crescita abbastanza robusta e relativamente sincronizzata. L’aspettative è per una prosecuzione nei prossimi mesi, almeno nel breve termine. A corroborare il tutto, i PMI manifatturieri dell’Eurozona, di Francia e Germania sono in espansione e sui massimi da anni.
Quindi la crescita c’è ed è incoraggiante. L’inflazione non dà segnali particolarmente intensi. Questo consente alle banche centrali di rimanere accomodanti, anche perché non tutte le economie sono nella medesima fase del ciclo, per quanto vicine. Complessivamente il supporto delle BC non sembra venire meno.
Nel 2017 il rischio politico è stato contenuto; il quadro generale rimane molto incoraggiante. Ha ancora senso, con attenzione, rimanere esposti sulle asset class più rischiose. Ovviamente, bene tenere sotto controllo la volatilità.
E’ un fondo multiasset basato su 3 variabili: crescita economica, inflazione e premio al rischio (remunerazione all’investitore per farlo investire). Queste tre variabili spiegano gran parte della volatilità dei mercati. Si può così costruire un portafoglio esposto ad un’ampia serie di premi al rischio su tante classi di attivo. Il portafoglio è essenzialmente immune alle dinamiche di crescita ed inflazione. Da qui, lo scenario congiunturale è monitorato per fornire l’assetto ottimale del portafoglio. Il prodotto, quindi, nel medio termine non dipende da nessuna asset class, e differisce da molti altri multiasset.
Abbiamo ancora crescita, inflazione contenuta (ma in attesa di rialzo), politiche monetarie ancora robuste pur in fase di normalizzazione. Questo è lo scenario. Sarà più interessante essere più esposti al rischio, equity in testa.
Tra le azioni, preferenza per l’area euro ed il Giappone. Sono più ciclici nella ripresa, ed hanno valutazioni più attraenti di altri. Gli EM rimangono un’asset class interessante con un dollaro non particolarmente forte. Visione non molto positiva sul rischio tassi, in particolare Germania e Stati Uniti. Migliore il settore a spread delle obbligazioni, soprattutto corporate. Gli EM sono attraenti anche sul lato bond, anche la periferia europea. In ambito valutario, neutralità su dollaro, positività sullo yen, negativa e cauta sulla sterlina.
Scenario particolarmente benigno con crescita rafforzata, inflazione bassa e banche centrali alcune espansive ed altre abbastanza accomodanti. In gergo è detto “goldilocks”, cioè “riccioli d’oro”, vale a dire lo scenario ottimale. Il tutto si riflette anche sulle performance.
Il vero punto è il cambiamento nei prossimi mesi. Atteggiamento ancora positivo, il miglioramento può proseguire, ma con potenziale limitato rispetto a prima. Ciò si riflette in preferenza per equity rispetto al credito; cautela sul rischio duration dei paesi core. Alta vigilanza perché la liquidità, sovrabbondante finora, nel futuro prossimo lo sarà meno. Ciò creerà volatilità e riaggiustamento dei premi al rischio.
Nel 2018 si continuerà con gli usuali cavalli di battaglia. Quindi poter investire in tutte le asset class da parte del gestore. In particolare, la gamma Sforzesco e Visconteo, con i fratelli maggiori della serie Plus, più recenti. Ci saranno, inoltre, ad inizio 2018, due nuovi prodotti. Questi ultimi copriranno la cosiddetta “serie di mezzo”, ossia quella che sta tra gli obbligazionari misti ed i bilanciati, particolarmente graditi dal pubblico retail.
Mai dimenticarsi che i risparmiatori cercano prodotti semplici. Pur lasciando al gestore la possibilità di operare su diverse asset class, si cerca sempre di offrire un rendimento accettabile, anche in momenti storici come questo, dove i governativi e le obbligazioni tradizionali, a cui gli italiani sono molto attaccati, non offrono molto, anzi.
Da pochi giorni è presente sul mercato un nuovo fondo per l’HY a breve termine. Offre ulteriore diversificazione ai CF per i loro clienti. Bassissimo rischio di tasso, ma presenza di rischio di credito nell’asset class, chiaramente.
Altri prodotti che completano l’esigenza dei risparmiatori sono quelli flessibili, che premiano l’outlook positivo, ma tengono d’occhio la volatilità, che è troppo bassa e certamente risalirà.
Sensibile miglioramento del sentiment delle famiglie italiane, sia per l’oggi che per le prospettive future. il 16% si aspetta un miglioramento della situazione italiana nei prossimi 12 mesi. Scese dal 21 al 13% le famiglie che si aspettano un peggioramento.
Aumenta l’indice della progettualità, soprattutto in merito al risparmio, sia per progetti futuri che per la previdenza. Aumenta anche la percentuale di chi decide, o vorrebbe, investire. SI registra anche un aumento della preferenza per i prodotti finanziari, scelti dal 24% delle persone, rispetto all’11% di chi sceglie immobili. Il 60% degli investitori risulta, inoltre, soddisfatto dei propri investimenti.
Gli investitori stanno incominciando a conoscere i PIR: 4 su 10 sanno cosa sono. In primavera erano solo 2 su 10.
]]>20 anni fa Gordon Moore, fondatore di Intel, aveva formulato la famosa legge che da allora prese il suo nome. Essa prediceva che la capacità di calcolo dei computer sarebbe raddoppiata ogni due anni. In un fortunato libro di qualche anno dopo, “La singolarità è vicina”, il futurologo Ray Kurzweil diceva che, poiché la potenza dei computer evolve a velocità esponenziale, l’intelligenza artificiale in pochi anni avrebbe potuto eguagliare quella umana.
In gergo tecnologico, questo momento si chiama singolarità. Quello che dobbiamo capire è che singolarità è un punto di non ritorno. Dopo averci raggiunto, l’intelligenza artificiale sarebbe in grado di alimentarsi in maniera autonoma; i computer costruirebbero altri computer, sempre più potenti, da soli. Nel fare questo, renderebbero le conoscenze umane via via obsolete ed ininfluenti.
La legge di Moore si è finora rivelata corretta. Oggi gli smartphone hanno una potenza di calcolo 175.000 volte superiore a quelli installati sulla sonda Voyager, negli anni ’70.
Difficile, in questo contesto, che il mondo della finanza possa rimanere immune di fronte a tecnologie sempre più pervasive. Le tecnologie portano alla finanza minori costi, incrementi di produttività, migliore qualità dei servizi. La velocità con cui si possono ottenere ed immagazzinare informazioni spinge il mondo finanziario verso il paradigma della propria assoluta efficienza.
Questa efficienza assoluta, però, è finora rimasta un mero paradigma teorico. Con disappunto di molti economisti, il mondo reale non è perfetto; ci sono molte asimmetrie informative e molte distorsioni cognitive ed emotive. Tutte queste condizionano i comportamenti degli operatori.
Sorge quindi spontanea una domanda. Lo sviluppo della tecnologia, in particolare l’intelligenza artificiale, potrebbe riconciliare il mondo reale con l’ideale di efficienza della teoria finanziaria? La risposta potrebbe essere trovata in un interessante rapporto pubblicato di recente dal Financial Stability Board. Questo ente, affiliato al FMI, si è infatti occupato estensivamente degli effetti del “machine learning” sui sistemi finanziari.
Il machine learning, cioè l’autoistruzione delle macchine, non è semplice automazione. E’ la capacità della macchina di imparare dalle osservazioni, e di formulare in autonomia soluzioni coerenti con i dati osservati. L’intelligenza artificiale è ancora di più. E’ l’acquisizione da parte della macchina di capacità cognitive finora tipicamente umane; il tutto esaltato da una potenza ed una velocità di calcolo infinitamente superiore.
A prima vista, la disponibilità di enormi quantità di dati (big data), ed il parallelo sviluppo delle capacità di utilizzarli, potrebbero davvero riconciliare teoria finanziaria e realtà. Tuttavia c’è un rovescio della medaglia. L’anno scorso AlphaGo, un algoritmo sperimentale di intelligenza artificiale creato da Google, ha battuto il campione mondiale di Go, una specie di scacchi cinese. Lo ha fatto utilizzando strategie del tutto inedite, cioè strategie che nessuno gli aveva insegnato o mostrato prima. Ancor più recentemente, robot di Facebook addestrati per dialogare con gli utenti non si sono adeguati ai protocolli di comunicazione umana, ma hanno sviluppato un proprio linguaggio. Lo hanno usato per comunicare tra loro, con una sintassi e protocolli del tutto incomprensibili all’uomo.
Sono indizi inquietanti. E suggeriscono che la singolarità potrebbe non condurre ad un mondo perfetto, anzi. Se la singolarità si avvicina, non è affatto detto che il mondo della finanza sia ineluttabilmente destinato a migliorare.
]]>E’ fondamentale. Lo è soprattutto investire, dopo aver risparmiato, quando si è giovani. E lo è per una semplice motivo. Si ha molto tempo a disposizione; l’orizzonte temporale di investimento è molto lungo; anche accumulando cifre relativamente contenute, queste cresceranno parecchio nel tempo. Ma non basta risparmiare, bisogna poi andare ad investire.
La finanza comportamentale si occupa di questi temi, e recentemente si è evoluta. Si parla già di una versione 2.0.
Non è possibile investire solo con la testa, solo razionalmente, perché le emozioni hanno un ruolo fondamentale nel prendere decisioni. La finanza comportamentale insegna tutta una serie di tecniche per conciliare ragione e sentimento. E’ fondamentale cominciare a capire che i comportamenti da tenere quando si investe sono quasi più importanti degli aspetti tecnici. E’ ancora più importante evitare gli errori principali, perché spesso siamo noi i nostri principali nemici.
Evitare questi errori ci permette di investire in maniera più razionale. In qualche modo la finanza comportamentale ci riporta in qualche modo alla razionalità; da un altro punto di vista, ci riporta ai comportamenti corretti da tenere quando si investe.
]]>La FED ha finalmente deciso di iniziare a ridurre il bilancio. Da ottobre si parte. Il bilancio verrà comunque ridotto molto lentamente. L’operazione sarà completata nell’arco di 4-5 anni.
Gli effetti sul mercato sono difficili da valutare e quantificare. Il mercato ha anticipato questi movimenti, ma sta facendo molta fatica a prezzarli. Cosa vuol dire? Vuol dire costruirsi delle aspettative corrette sui prezzi. Cioè, quali saranno, in definitiva, gli effetti dell’allentamento quantitativo su azioni, obbligazioni, e sul premio al rischio di questi asset.
La FED sta comunque seguendo il sentiero della normalizzazione della politica monetaria. Aveva cominciato col rialzo dei tassi a breve; adesso siamo alla riduzione del bilancio; proseguirà ancora, forse a dicembre, con un altro rialzo dei tassi a breve. Continuerà anche nel 2018 ed oltre, fino ad arrivare ad un obiettivo del 2,75-3%.
Il vero dubbio riguarda il direttorio della FED, mai così vacante come adesso. Questo, ovviamente, porta incertezza sulla continuità della politica monetaria finora intrapresa. Cosa succederà quando i posti vacanti verranno riempiti? La Yellen resterà o verrà rimpiazzata? Cosa accadrà in merito a queste domande potrebbe portare un po’ di volatilità sui mercati obbligazionari USA e, di conseguenza, ovunque.
Se ne parla da molto; per fortuna, di recente con sviluppi costruttivi. Un paio di settimane fa Trump ha annunciato di aver trovato un accordo con i democratici. In questo accordo sono finite le spese per la ricostruzione post-uragani, con l’innalzamento del tetto di spesa pubblico fino a dicembre. Trump ha anche annunciato di voler collaborare con i democratici su questioni chiave come l’immigrazione e la riforma fiscale.
I mercati guardano con molto interesse a questi ultimi spunti. Perché? Perché il reflation trade si è nutrito anche e soprattutto dell’aspettativa della crescita USA. Crescita che sarebbe venuta anche in relazione all’adozione di politiche fiscali espansive. Questo non è accaduto, ed il mercato si sta chiedendo cosa succederà adesso.
La svolta di Trump è stata importante, perché la possibile collaborazione con i democratici aumenta le pressioni sui repubblicani perché trovino un compromesso necessario a sbloccare l’attività legislativa. Già la prossima settimana potrebbero esserci novità in questo ambito, probabilmente retroattive.
Le possibilità che, comunque, qualcosa si realizzi per davvero, stavolta, anche se diverso dalle promesse elettorali, ci sono. E sono, ad oggi, sottostimate dagli investitori. L’effetto di un annuncio sarebbe quello della ripartenza del reflation trade; quindi, ancora apprezzamento dei tassi e dei mercati azionari.
Significativo quanto poco si parli delle elezioni di domenica in Germania. (Nota: sono avvenute. I risultati e le reazioni sono consultabili qui). Da Brexit in avanti ci sono stati sviluppi solo costruttivi in Europa. Macron sta per ottenere risultati su un’ambiziosa riforma del lavoro in Francia. Gli sforzi sulle riforme strutturali in Francia dovrebbero essere bilanciati da un maggior impegno della Germania riguardo alla governance europea. Lo scopo è chiaramente il ministro delle finanze unico europeo.
In questo contesto, l’appuntamento elettorale italiano della primavera 2018 potrebbe essere meno problematico di un tempo. Questo porterebbe vantaggi anche per i mercati, da sempre abituati a sottoperformance anche mesi prima delle elezioni stesse.
Per quanto riguarda le nostre elezioni, bisogna focalizzarsi su due cose. La prima è che i toni dei partiti più euroscettici si stanno rapidamente stemperando; la seconda è che i contesti macro e microeconomici sono sempre più costruttivi. Queste cose non possono che piacere a chi ha investito in Italia, che infatti continua a farlo. Le performance annuali dei mercati italiani stanno a testimoniarlo.
I PIR sono stati il grande tema e la grande novità del 2017. E sono stati un grande successo commerciale. 5 miliardi nei primi sei mesi dell’anno, a fronte di una previsione di 2,5 per l’intera annata. A questo successo hanno contribuito una serie di fattori. Probabilmente il principale sono lo sgravio fiscale sul capital gain e dall’imposta di successione se si mantiene il prodotto per 5 anni. Certamente, anche condizioni di mercato buone li hanno resi particolarmente favorevoli.
Anima propone due prodotti: Anima Crescita Italia ed Anima Iniziativa Italia. Due prodotti diversi, per clientele diverse. Il primo è un bilanciato obbligazionario; il secondo è un prodotti più dinamico, azionario, specializzato in small cap. Ci sono però elementi in comune ad entrambi i prodotti.