Coronavirus: meglio confinati o spiati dal grande fratello? | Euronews

In Cina, Corea del Sud e Singapore i governi hanno usato app per tracciare i movimenti dei cittadini in relazione al coronavirus e prevenire i contagi, inviare certificati ecc.. Voi, se si dovesse scegliere tra il confinamento o una app che ti avverte se c’è un positivo, cosa preferireste?

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La pandemia di coronavirus secondo molti osservatori potrebbe segnare un anno zero anche per la tecnologia.

Tra streaming selvaggio di qualunque lezione, scoperta di nuove app e discussi metodi per tracciare le persone le autorità di Cina, Corea del Sud e Singapore hanno utilizzato app digitali sui telefoni dei cittadini per arginare la pandemia.

Tra gli europei la Germania guarda con interesse a Singapore che non confina ma fa test e traccia gli spostamenti dei cittadini per prevenire i contagi. Ma in Europa la privacy è una cosa seria…

“Come Occidente possiamo guardare a ciò che ha funzionato – dice Daragh O’Brien, presidente Castlebridge Data Governance – Possiamo guardare ai meccanismi e ai controlli che mettono in atto. E quindi seguirli per implementare controlli simili o equivalenti, se necessario, in un contesto europeo allineato alle nostre regole e valori fondamentali. Perché, in definitiva, se decidiamo che quei valori non sono importanti in una crisi, è solo una questione di tempo prima che un’altra crisi arrivi e giustifichi di nuovo il sacrificio di quei valori per cui abbiamo combattuto e vinto”.

Insomma l’Europa potrebbe cominciare, ad esempio, coordinando le politiche di confinamento e la conta dei morti prima di inviare ai cittadini un’app come quella di Singapore, che ti allerta se hai avvicinato un positivo.

FluPhone, inventata a Cambridge l’app che ha ispirato Singapore

Nel 2011, però, proprio in Europa alcuni ricercatori hanno inventato l’app antenata di TraceToghether, per prevenire l’influenza; il progetto era fluphone, inventata a Cambridge.

Il professor Jim Crowcroft, uno degli sviluppatori rimarca che in un mondo ideale sarebbe giustificato l’uso trasparente dei dati personali per prevenire una pandemia e la gente acconsentirebbe, ma al momento, spiega Crowford, nessuno può garantire al 100% contro eventuali abusi nella gestione dei dati.

Ma quello con cui dovrà farei conti la politica è un problema etico: vale di più la privacy o la ripresa economica? Eiko Yoneki, scienziata, sviluppatrice di Fluphone, non ha tanti dubbi: “Una volta terminato questo periodo di quarantena, ci sarà sicuramente una seconda ondata di coronavirus. Non ci si può certo mettere in confinamento per sei mesi o un anno. Quindi per prevenire e minimizzare il danno alla vita economica, sociale e umana, penso che i dati delle app sarebbero di grande aiuto”.

E voi cosa preferireste, il confinamento o l’occhio fisso su di voi del grande fratello? Pensateci che prima o poi potrebbe arrivare il modulo per il consenso. E poi chissà che il grande fratello non sia già tra noi…

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