Cos’è e come funziona il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità | AnimaSgr

Cos’è e come funziona il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità. Rubrica a cura di Mario Noera, Docente di Economia degli intermediari finanziari alla Bocconi.

Lo scorso novembre, al momento del commiato di Mario Draghi dalla carica di presidente della BCE, la banca centrale europea, è stato praticamente unanime da parte di partiti politici, istituzioni e commentatori il riconoscimento che nel giugno del 2012 era stato proprio Mario Draghi a salvare l’euro attraverso il semplice annuncio che la bce avrebbe fatto qualunque cosa fosse stata necessaria per salvarlo, il famoso “whatever it takes”. Draghi annunciava cioè, ai mercati, che la BCE avrebbe utilizzato il suo illimitato arsenale monetario come “lender of last resort”, come prestatore di ultima istanza.

In tutto il mondo, la possibilità delle banche centrali di agire da prestatori di ultima istanza, cioè la possibilità delle banche centrali di finanziare con moneta i debiti pubblici in momenti di difficoltà, rappresenta un’assicurazione contro potenziali crisi di liquidità degli stati, ed è il vero, grande antidoto contro la speculazione.

Nel 2012, dopo l’annuncio di Draghi, la BCE mise a punto anche lo strumento tecnico per intervenire a favore degli stati, il cosiddetto OMT, cioè Outright Monetary Transaction, cioè operazioni di acquisto mirato di titoli di singoli stati, ma i governi europei, in omaggio al trattato di Maastricht, che vieta alla BCE ogni finanziamento diretto degli stati membri, imposero che per attivare queste operazioni l’azione della BCE non potesse essere autonoma, come per tutte le altre banche centrali del mondo, ma fosse invece è subordinata alle decisioni di un altro organismo, creato a questo scopo nello stesso periodo. Questo nuovo organismo era il MES, il meccanismo europeo di stabilità, di cui molto si parla in queste settimane.

Nell’acceso dibattito che di recente è deflagrato, nel mondo politico e sui media, sulla riforma del meccanismo europeo di stabilità, il MES è stato talvolta presentato come uno strumento utile e necessario per dotare anche l’Eurozona di un prestatore di ultima istanza. La riforma del MES dovrebbe quindi essere in primo luogo valutata in ragione della sua idoneità rispetto a questa finalità di stabilizzazione preventiva. Sull’efficacia del MES come stabilizzatore, però, è lecito nutrire qualche dubbio.

Il MES non opera, infatti, in senso stretto come prestatore di ultima istanza, come lo farebbe invece la banca centrale, ma come se fosse un prestatore privato. Il MES può infatti erogare due tipi di linee di credito. La prima, detta precauzionale, è concessa in modo pressoché automatico, è cioè soggetta alla semplice presentazione di una lettera d’intenti, ma questa linea di credito precauzionale è disponibile solo ai paesi che sono già in linea con il patto di stabilità, cioè che mostrano tendenziale pareggio di bilancio, e un rapporto debito/pil inferiore o tendente al 60 per cento. L’altra linea di credito, detta rafforzata, non è invece automatica, ma è soggetta ad una valutazione preventiva di sostenibilità del debito condotta dagli organi tecnici del MES, i quali definiscono anche le misure di politica economica che il paese richiedente deve obbligatoriamente adottare, la cosiddetta condizionalità, e che devono essere parte di un impegno formale vincolante da parte del paese richiedente, il famoso memorandum of understanding, una procedura, quest’ultima che, come in Grecia nel 2010-2011, prevede un sostanziale commissariamento del paese, l’adozione di piani di austerità molto severi, e in casi estremi ed eccezionali, perfino la ristrutturazione preventiva del debito, cioè il taglio del valore di rimborso dei titoli a spese degli investitori privati.

Il MES non opera cioè con i criteri propri di un’assicurazione, che garantisce automaticamente la copertura del rischio, ma più con la logica di una banca, che opera invece in ragione della propria esclusiva valutazione di recuperabilità del credito. O, meglio, il MES opera in realtà in modo asimmetrico, opera cioè come assicuratore a favore di alcuni paesi, quelli considerati virtuosi, e si costituisce invece come banca valutatrice, o anche come una sorta di commissario prefettizio, nei confronti dei paesi considerati invece devianti. Questo secondo elemento differenzia in modo sostanziale l’eventuale azione del MES da quella di una banca centrale, che rappresenta invece un’assicurazione monetaria illimitata e incondizionata, e probabilmente ne inficia anche l’efficacia deterrente contro la speculazione.

Quello che nel 2012 i mercati capirono, e lo capirono al volo con il “whatever it takes” di Draghi, era che da quel momento speculare al ribasso vendendo titoli degli stati europei più deboli sarebbe stato per loro molto più pericoloso, perché sull’altro lato ci sarebbe stato un potenziale compratore con capacità di spesa illimitata, cioè la BCE. E’ difficile immaginare che l’intervento del MES avrebbe potuto avere in quella occasione la stessa efficacia deterrente. Nel 2012 l’ipotetico intervento del MES avrebbe infatti mandato ai mercati un messaggio molto diverso, cioè che i paesi in difficoltà stavano per essere commissariati, e che il loro debito, a discrezione dei tecnici del MES, avrebbe potuto al limite anche essere soggetto ad un’eventuale ristrutturazione preventiva. Un messaggio, questo, esattamente opposto a quello del “whatever it takes” di Draghi.

Altri post che potrebbero interessarti