L’ex primo ministro italiano Mario Monti parla delle prossime elezioni in Italia. Ne ha parlato con Francine Lacqua di “Bloomberg Surveillance“.
In un certo grado, sì. La BCE ha effettuato una politica monetaria molto intelligente. Il presidente Draghi è stato molto abile a veicolare il supporto per il QE.
Personalmente, ritiene che l’uscita dal QE stesso sia più veloce che lenta. Questo per l’impatto che, nelle nazioni europee, e sicuramente in Italia, la politica monetaria molto accomodante ha avuto nella percezione della necessità di agire sulla politica economica e su quella reale.
Molte promesse elettorali sono state fatte in maniera molto “libera“, diciamo, per non dire irresponsabilmente. Ed una delle ragioni è che non c’è un sentimento di pressione, un senso del “fare presto“.
Nessun partito, che sia populista o meno, ha ancora nel proprio programma una benché minima idea di lasciare l’euro. O di indire un referendum per sentire cosa ne pensa la gente. E questa cosa è certamente positiva.
Il costo di lanciare promesse costose è senza limiti, al contrario, ed è bene ricordarlo. Per questo lo stanno facendo tutti. Non c’è pericolo che queste promesse possano essere onorate, tuttavia. E fortunatamente non verranno onorate. E chi sarà il colpevole per questa mancata promessa da mantenere? L’Europa, naturalmente. Saranno gli obblighi europei che non permetteranno che queste promesse vengano onorate, nella narrativa dei partiti. E sarà facile per qualsiasi partito accollare all’Europa questa colpa, usando questa scusa.
Questa, dopotutto, è la tradizionale divisione di compiti tra le politiche nazionali e quelle europee. L’unica cosa negativa è che ad ogni round elettorale il gap tra l’opinione pubblica domestica e l’Europa cresce. Nel marzo 2019 ci saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo; potrebbe quindi riaffacciarsi, sfortunatamente, l’idea di “lasciare l’euro” da parte dei partiti populisti. E questo perché, allora, il tema del contendere sarà proprio l’Europa.