Uber, la gig economy e il sessismo: Travis Kalanick | Bloomberg

Ormai lo sanno tutti: dopo una serie di scandali, il CEO di Uber, Travis Kalanick, si è dimesso. La sua creatura da 69 miliardi di dollari deve ora rifarsi un’immagine. Ma qual è la travagliata storia di uno degli imprenditori americani più famosi degli ultimi tempi?

Il padre di Uber prima di Uber

Kalanick nasce a Los Angeles nel 1967. Il padre è un ingegnere, la madre vende pubblicità. Lui eredita entrambe le inclinazioni. A 11 anni comincia a programmare, a 18 va in giro per gli Stati Uniti a vendere coltelli. Si iscrive alla UCLA per studiare ingegneria informatica, ma lascia qualche mese prima di laurearsi perché nel frattempo fonda la sua prima società con alcuni compagni di corso. È Scour, un sito peer-to-peer da cui scaricare gratis musica e film. Era l’epoca di Napster, ma le major dell’intrattenimento portano l’azienda in tribunale. La cifra da pagare è salatissima, 250 miliardi di dollari, e Scour finisce nel Chapter 11.

Uber, la società tech più odiata dai tassisti

Kalanick non si dà per vinto e fonda RedSwoosh, un altro servizio di file sharing peer-to-peer. Stavolta gli va meglio: nel 2007 vende la società per circa 20 milioni di dollari. Una somma che decide di investire subito in una nuova startup. L’idea di business gli viene chiacchierando con l’amico Garret Camp, che aveva fondato il sito StumbleUpon. Corre l’anno 2009, nasce Ubercab, un servizio di macchine di lusso. L’arrivo di Lyft nel 2012 però fa capire a Kalanick che bisogna cambiare modello e puntare sul peer-to-peer.

L’imprenditore sfrutta quindi le sue doti di venditore per accumulare i capitali e fare la svolta. Raccoglie centinaia di milioni di dollari e fonda Uber X, la madrina della gig economy. Un servizio che permette a qualunque libero professionista di diventare un autista.

L’era post-Kalanick

Kalanick trasforma Uber da start up a colosso mondiale. Ma la sua capacità di rappresentare l’azienda, sia pubblicamente che internamente, viene presto messa in discussione da una successione di scandali. Il primo arriva nel 2014. Intervistato da GQ, Kalanick definisce il servizio della sua società “boob-er” (da boob, “tetta”), perché gli permetteva di far colpo sulle donne. Gli scandali continuano e l’apice si tocca a inizio 2017, quando un’ex dipendente denuncia una serie di molestie sessuali sul luogo di lavoro.

Kalanick affronta subito il caso assumendo l’ex procuratore generale dell’amministrazione Obama, Eric Holder. Una fase che porta a 20 licenziamenti. In un primo momento l’amministratore delegato annuncia che si sarebbe preso un congedo. Ma a distanza di una settimana, su richiesta di cinque dei maggiori azionisti della società, dà le dimissioni.

Tuttavia, Kalanick resta il fondatore di Uber nonché il suo più importante investitore. Ma se prima la domanda era “chi assumerà Kalanick come numero due di Uber?” oggi è “Come affronterà Uber l’era post-Kalanick?”.

 

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