Le novità, lo abbiamo un po’ già anticipato nelle settimane scorse, sono state introdotte dalla normativa mifid due, che già dal 2018 obbliga le banche a rendicontare, oltre al profilo di rischio, anche l’incidenza dei costi sugli investimenti. Questo perché, come si vede questa prima diapositiva, in Italia, avendo un basso livello di educazione finanziaria, i risparmiatori spesso non hanno la percezione dei costi applicati sugli investimenti delle banche. Infatti, come vediamo in questa informativa della consob, che ha fatto un sondaggio su un campione di risparmiatori, risulta che più di un terzo dei risparmiatori non ha idea di come vengono applicati i costi sugli investimenti, addirittura pensa che il servizio in banca sia gratuito e, di conseguenza, il legislatore ha pensato bene che forse è bene informare il risparmiatore che non è così. In questo rendiconto, quindi, devono essere esemplificati i costi sostenuti per gli investimenti, che possono andare da poche decine di euro nel caso in cui si abbia, ad esempio, vediamo questa diapositiva, un deposito amministrato, quindi la semplice custodia dei titoli, a invece punti diversi punti percentuali nel caso in cui, invece, si abbia affidato il risparmio in gestione alla banca. Quindi i costi possono cambiare anche notevolmente.
Possiamo vedere un esempio pratico di questi rendiconti?
Sì, vediamo ad esempio alcune diapositive. Nella prima parte il rendiconto, diciamo, non è molto diverso da quelli degli anni precedenti, cioè dove la banca prima di tutto deve confermare che gli investimenti detenuti dal risparmiatore siano in linea col proprio profilo di rischio. Vediamo, in questa prima diapositiva, come a seconda del profilo di rischio, gli investimenti risultano più o meno adeguati, e questo non è cambiato molto. La novità, invece, di cui dicevamo prima, è proprio l’impatto dei costi, cioè praticamente la banca dice al risparmiatore, il patrimonio medio investito è in banca, come in questo caso, vediamo questo esempio, 176 mila e rotti euro, e l’impatto dei costi è del 2,04 per cento, cioè quindi, sia in termini percentuali che quantitativi. Quindi, in questo caso, il cliente annualmente ha pagato alla banca 3.600 euro, che corrispondono appunto un 2,04 per cento sul patrimonio che, diciamo, è una percentuale medio alta diciamo perché, con i tassi di adesso, pensare che tutti gli anni fare ottenere alla banca questa percentuale può essere alto. Poi, chiaramente, dipende da tanti altri fattori però, così a prima vista, diciamo, un’incidenza abbastanza elevata, più elevata della media di mercato che noi vediamo.
E’ possibile informarsi sui costi dei prodotti prima di sottoscrivere un prodotto di investimento?
Sì, certo. Anche questo, proprio per la scarsa cultura finanziaria, molti non lo sanno che, normalmente, qualsiasi
prodotto o servizio, fuori dalla banca, diciamo che normalmente si chiede quanto costa prima di… invece, normalmente, questo non avviene. Difficilmente si va su questa tematica… magari si guarda il rendimento, si guardano altri aspetti, e non ci si preoccupa, invece, di questo aspetto. In realtà la risposta è sì, è possibile, anzi noi consigliamo di farlo prima, perché farlo dopo, ovviamente, si scopre di aver già pagato quando questo è già avvenuto, perché la banca, non dimentichiamoci, non ci manda una fattura a casa, ma trattiene direttamente dall’investimento, per cui, spesso, non si ha la percezione di questo proprio perché noi vediamo un valore finale già al netto di queste spese. Quindi, c’è un prospetto per quanto riguarda tutti i prodotti, qua vediamo un esempio, che si chiama KIID, che è relativo in particolare ai fondi comuni
d’investimento, che è il prodotto che ha più voci di spesa, perché può prevedere spese d’ingresso, spese di gestione, spese di uscita, e quindi è importante prenderne visione. Quindi, come vediamo in questo esempio, sono indicati in modo
molto chiaro a livello percentuale, quanto costa sottoscriverlo, quindi fase iniziale, quanto costa mantenere, quanto costa eventualmente uscire. Questa è un’informazione che io mi sento di consigliare, di prenderne visione, ovviamente non dopo, ma prima di sottoscrivere il prodotto proprio per valutare proprio l’impatto prima e non
successivamente.
Possiamo dire che purtroppo è una storia che ciclicamente si ripete. Se vediamo queste prime diapositive sono i titoli…
sono dei giornali… proprio settimane fa si parlava, appunto, come vedete, di questionari manipolati o del parente-direttore che ci consiglia, magari, gli investimenti che sono, sicuramente, due situazioni queste molto pericolose, dove ovviamente si fa della manipolazione. Purtroppo c’è della truffa… oppure dove ci sono i consigli cosiddetti interessati del parente che però fa gli interessi della banca. In questo caso, diciamo, i problemi possono venire alla luce. Diciamo che le tutele ci dovrebbero essere Questa normativa Mifid, che risale al 2007, in teoria dovrebbe tutelare i risparmiatori. Uso il condizionale perché
purtroppo non è sempre così.
Certo. Questa normativa, come si dice, è del 2007, ed è quella normativa, per intenderci, che prevede la compilazione di un questionario, cioè la banca, prima di proporci qualunque tipo di investimento, deve fare sottoscrivere con questionari, dove ci sono delle domande sulla base delle quali, sulla base delle risposte che l’investitore fornisce, viene determinato il cosiddetto profilo di rischio, cioè basso, medio o medio-alto, che vuol dire tutto e poco, diciamo. Come vediamo, adesso esiste anche una nuova versione della mifid, dell’anno scorso, esiste una mifid2, quindi una
versione diciamo un po più aggiornata, che dovrebbe tutelare ulteriormente chi ha risparmiato. Ora, in realtà come vediamo, i casi, l’ultimo in ordine di tempo, della Popolare di Bari, ci insegnano che molto spesso o perché vengono manipolati o perché le risposte non vengono date in modo corretto, sta di fatto che spesso il profilo difficilmente non inquadra quella che è esattamente la volontà del risparmiatore.
Tra le tantissime domande, perché soprattutto la seconda versione prevede tante domande, tutta danno un’idea non corretta, una cosa che vediamo è che questo questionario in banca lo troviamo già pre compilato. Questo non andrebbe mai fatto. Dovrebbe essere compilato con il nostro consulente bancario domanda per domanda e spiegazione per spiegazione. Come vediamo in questo articolo, non bisogna aver paura, perché a volte c’è un po’ questo timore di apparire impreparati o di fare troppe domande al consulente; no, quindi non c’è anche poco tempo, mentre invece bisogna dedicare il giusto tempo a questo questionario. Quindi, non aver paura, come si dice in questo articolo, di apparire impreparati, perché non siamo tenuti ad esserlo, non ci viene dato un voto se siamo bravi o meno, ma dobbiamo dire le cose come come stanno e le domande, soprattutto, sono due. Quella su quali siano gli obiettivi, cioè quali sono i nostri obiettivi di investimento e anche la nostra propensione al rischio, non espressa, con il medio basso che vuol dire tutto e niente, proprio numericamente. C’è proprio una domanda che dice: se lei avesse 100mila euro, per fare un esempio, quanto sarebbe disposto a perdere, in un eventuale caso, di questi soldi? 2.000 euro, 5.000 euro, 10.000 euro? Anche no! Io non voglio, non voglio mai vedere una cosa così. Oppure posso accettare di vedere temporaneamente che siano a 97-98 di valore (parlando di obbligazioni). Ecco, questo numericamente, diciamo che i numeri non mentono, e quindi è proprio da un numero che viene desunta la nostra possibilità di veder calare eventualmente i nostri investimenti.
Il consiglio è quello che purtroppo le normative Mifid ci sono, ma non vengono rispettate, però non bastano da sole. Bisogna un po’ metterci del proprio. Brutto dirlo, però diciamo che il risparmiatore deve fare la sua parte, quindi in parte facendo domande e cercando di uscire dalla banca, dall’ assicurazione, in modo che abbia le idee chiare, perché spesso questo non avviene. Il problema che abbiamo in Italia, che abbiamo detto più volte anche in questi incontri, è che purtroppo abbiamo un basso livello di educazione finanziaria. Vediamo in queste ultime diapositive, risulta che il 20 per cento di un campione intervistato di risparmiatori italiani non conosce alcuno strumento, quindi non sa e non conosce, non ha proprio una familiarità con alcuno strumento finanziario, e abbiamo un 57 per cento che non legge i prospetti quindi, se anche la banca ci informa, ma poi non prendiamo visione, ovvio che un po’ di concorso di colpa ce l’abbiamo anche noi risparmiatori.
Che cos’è il questionario che le banche sottopongono quando volete fare un (piccolo) investimento? Si chiama MIFID, ma in realtà è il profilo di rischio. A cosa bisogna stare attenti? In studio: Fabio Picciolini (Esperto finanziario) e da Milano Claudia Segre (Presidente Global Thinking Foundation).
Un telespettatore ha scritto su questo argomento. Ha ereditato una piccola somma e voleva investirla. Gli hanno proposto delle obbligazioni. Dopo le spiegazioni, gli hanno chiesto di firmare il “profilo di rischio”. Le risposte del risparmiatore non andavano bene per quell’investimento, ed il bancario gli ha suggerito di cambiarlo. Ovviamente, il risparmiatore ha desistito. Chiede delucidazioni sul profilo di rischio, appunto. Ma, soprattutto, chiede come investire i propri soldi se “le sue risposte non vanno bene.”
In riferimento alla lettera… se il profilo è sbagliato, NON si devono cambiare le risposte, si deve cambiare investimento, chiaramente. Se quello è il mio (dell’investitore) profilo di rischio, NON posso cambiare le domande. Si deve trovare, obbligatoriamente, qualcosa che vada bene per l’investitore.
Il profilo di rischio deve essere sottoscritto per qualsiasi prodotto finanziario e d’investimento. Va fatto sempre, e deve essere periodicamente rinnovato. Non solo a periodi fissi, ma anche se cambia la situazione della persona che ha investito. Solo il conto corrente non ne ha bisogno.
A livello di educazione finanziaria siamo fanalino di coda dei paesi OCSE, addirittura dopo la Grecia. Anche i clienti con patrimoni ingenti mancano di educazione finanziaria. Lo affermano sia l’OCSE, appunto, che la CONSOB.
È un problema enorme. Per questo la nuova legge sull’educazione finanziaria diventa fondamentale per fare un salto di qualità come Paese.
]]>Uno dei temi caldi della Mifid II riguarda la product governance. E in particolare il tema del target market. Una novità che determinerà un cambio negli equilibri oggi esistenti tra società di gestione del risparmio e reti di consulenti finanziari. In che termini? È quanto è stato domandato alle SGR presenti a Consulentia 2017, l’evento organizzato da Anasf a Roma il 14, 15 e 16 febbraio scorso.
Gli equilibri dovranno necessariamente rafforzarsi. In quest’ottica, i distributori saranno sempre più costretti a selezionare dei partner. Ci sarà un numero più ristretto di case con cui lavorare.
Non è discutibile che lo scambio di informazioni, oggi come oggi univoco dalle SGR al distributore, dovrà essere integrato da uno che viaggi in direzione opposta. Sarà un cambiamento significativo, anche in termini di investimenti.
Si andrà sempre di più verso un rapporto di partnership, forse più consolidato con la direzione centrale. Si studieranno, con le fabbriche-prodotto, delle soluzioni adatte a tutta la rete distributiva.
Aumenterà il rapporto tra distributore ed asset manager, sicuramente. Questo era già successo con MIFID I. Verranno targettizati di più gli strumenti finanziari, in base ai profili di clientela.
Le idee adesso sono molto più chiare. Verranno scelti, da chi già non li ha, dei partner preferenziali per selezionare i prodotti target per le diverse tipologie di mercato. Questo è un sistema che funziona bene. Consente di costruire dei prodotti che coprono esattamente le esigenze dei risparmiatori in termini di rischio-rendimento.
MIFID II offre un’opportunità. Contribuirà a cambiare il modo in cui le case prodotto si interfacciano con i distributori e con gli investitori finali. Ci sarà maggiore trasparenza, a beneficio dell’investitore finale, anche come profilo di rischio.
Indubbiamente il tema della profilazione del cliente subirà una nuova svolta. Una svolta che, a detta delle SGR, porterà verso una maggiore qualità.
Ci sarà una distinzione più importante tra clientela retail e di private banking. Una boutique specializzata sarà molto più adatta per la seconda. Sarà comunque importante anche la maggior qualità della selezione dei prodotti per la clientela retail.
Questa normativa non farà altro che portare a galla la qualità. Metterà tutti sullo stesso piano, senza conflitti all’interno di una gamma prodotti. È un beneficio soprattutto per chi si affaccia da poco sul mercato italiano.
È evidente che tutto questo comporterà un livello più alto di qualità. Ne verrà richiesta di più ai consulenti finanziari. Le società di asset management possono contribuire in maniera fattiva a questo processo di evoluzione in atto nell’industria.
L’evoluzione di cui sopra avrà come nodo centrale la competenza dei consulenti e l’educazione finanziaria dei clienti. Basta asimmetria informativa. Questa è la vera sfida della MIFID II.
Il vero focus di MIFID II sarà il concetto di competenza, che dovrà essere sviluppata e certificata. Sarà opportuno affiancare soprattuto i consulenti finanziari in questo.
Ci sarà una grandissima opportunità soprattutto nell’abito “educational”. C’è un gap culturale importante, che bisogna colmare.
Dovrebbe essere fatta più formazione, sia nel mondo della consulenza che nel dialogo con il cliente. Molto spesso la forte asimmetria informativa di oggi crea problemi nella gestione dei rapporti con i clienti.
]]>Essa costituisce un passo importante verso la costruzione di un mercato finanziario integrato, efficace e competitivo nell’Unione europea (UE) e si inquadra nel più ampio “piano di azione per i servizi finanziari” (FSAP), varato nel 1999 e concretizzatosi in ben 42 direttive. A tale direttiva è seguita la direttiva 2006/73/CE, attuativa della prima. Sono state recepite dall’Italia nel 2007.
La direttiva risponde all’esigenza di creare un terreno competitivo uniforme (level playing field) tra gli intermediari finanziari dell’Unione europea, senza pregiudicare la protezione degli investitori e la libertà di svolgimento dei servizi di investimento in tutta la Comunità. Gli obiettivi di fondo della direttiva MiFID sono:
Che cosa significa questo? Quali saranno le implicazioni? Risponde l’avvocato Silvia Colombo, esperta di diritto assicurativo e partner dello Studio legale Zitiello e Associati, che ci illustra la disciplina più intensa che il legislatore introduce per tali prodotti per garantire una piena tutela del consumatore ed affiancarli ai prodotti complessi disciplinati dalla Mifid.
La dottoressa Silvia Colombo sottolinea le affinità e le diversità tra la nuova direttiva in materia assicurativa e la Mifid II, soffermandosi, in particolare sulla disciplina degli inducement e la normativa in materia di trasparenza. Trasparenza che l’esperta considera “un’opportunità”.
La Mifid II entrerà in vigore partire dal 1° gennaio 2017, si appresta a cambiare il modo di fare consulenza finanziaria in Italia.
I maggiori cambiamenti riguarderanno i seguenti aspetti
Staremo a vedere l’applicazione della direttiva.
]]>Quali sono i modelli retributivi che si stanno affermando e, soprattutto, quali potrebbero essere presi ad esempio ed implementati in Italia?
il professor Emanuele Carluccio illustrerà i modelli retributivi per i consulenti finanziari nei principali Paesi europei, evidenziandone opportunità, criticità e potenziali sviluppi.